Quali sono le conseguenze se si toglie la prostata

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Operazione alla prostata

Gli interventi alla prostata possono essere di diversi tipi a secondo della patologia (tumore o iperplasia prostatica benigna), del volume e dell'anatomia della ghiandola, delle condizioni generali del paziente, delle tecnologie che si hanno a disposizione, ma anche delle preferenze del paziente stesso. Una corretta comunicazione medico/paziente è alla base di ogni scelta terapeutica ottimale.

In caso di tumore prostatico si esegue la prostatectomia radicale che, come dice il nome, consiste nell'asportazione totale della prostata, comprese le vescicole seminali e, a secondo dell'aggressività della malattia, dei linfonodi dello scavo pelvico. Può essere eseguita in modo tradizionale (la cosiddetta chirurgia a cielo aperto) sia con un accesso attraverso l'addome sia con un accesso perineale (tra scroto e ano), oppure con tecnica laparoscopica assistita o meno dal "robot".

Conseguenze negative della chirurgia radicale, oltre alle classiche complicanze di ogni intervento chirurgico, possono essere la disfunzione erettile e, più raramente, l'incontinenza urinaria1. Per cercare di evitare questi effetti nocivi, quando il tumore non è esteso, si può cercare di eseguire una tecnica "nerve sparing" che preservi i fasci nervosi che decorrono in prossimità della prostata.

La terapia chirurgica dell'iperplasia prostatica, viceversa, non comporta l'asportazione totale della ghiandola, ma solo la rimozione dell'adenoma, cioè della parte centrale della prostata che è cresciuta. L'intervento più utilizzato è la resezione prostatica transuretrale (TURP), intervento endoscopico grazie al quale il tessuto prostatico cresciuto viene esportato attraverso l'uretra. Conseguenza dell'intervento, in quasi la totalità dei pazienti, è l'eiaculazione retrograda che consiste nel passaggio del liquido seminale nella vescica durante l'eiaculazione che quindi non viene espulso con l'orgasmo. Le complicanze più frequenti sono l'emorragia e i fastidi minzionali postoperatori, mentre sono molto rare la disfunzione erettile comparsa de novo e l'incontinenza urinaria2.

In caso di prostate di piccolo volume non è necessario asportare il tessuto, ma è sufficiente praticare una profonda incisione nella prostata (TUIP), se viceversa la ghiandola è voluminosa (almeno 80gr) si può ricorre all'adenomectomia a cielo aperto, ossia l'asportazione dell'adenoma prostatico con chirurgia tradizionale2. Stanno diffondendosi sempre più le tecniche che utilizzano i laser (ad Olmio o a Tullio) per l'asportazione dell'adenoma prostatico, mentre, soprattutto nei soggetti con problemi di coagulazione del sangue, si può utilizzare un particolare laser (il cosiddetto "green light") che vaporizza il tessuto invece di asportarlo.

Gli interventi mininvasivi, quelli che non comportano il ricovero del paziente, oggi sono meno utilizzati, ma già si profilano all'orizzonte nuove tecniche poco invasive, per esempio l'applicazione del dispositivo Urolift, che sembrano essere promettenti.

L’incontinenza urinaria, effetto collaterale degli interventi di prostatectomia radicale per l’asportazione del tumore prostatico, prima viene trattata con la riabilitazione perineale, poi con la terapia farmacologica. Se gli approcci falliscono, la chirurgica mininvasiva risolve in un giorno, in anestesia locale, l’incontinenza urinaria da sforzo che interessa circa 2 milioni di uomini.

“L’incontinenza urinaria da sforzo (IUS) che si manifesta a seguito  di un piccolo sforzo come il tossire – spiega Valerio Beatrici, Direttore dell’Urologia degli Ospedali Riuniti Marche Nord – da sempre appannaggio del sesso femminile per cause anatomiche e fisiologiche come parti, gravidanze e menopausa, colpisce ora sempre più anche l’uomo. Conseguente a interventi di prostatectomia radicale per l’asportazione del tumore prostatico (colpisce nel nostro Paese circa il 20% degli ‘over50’ con 35 mila nuovi casi l’anno) l’incontinenza è causata dall’indebolimento dello sfintere dell’uretra – muscolo a forma di anello che funziona da ‘rubinetto’, rilasciandosi  per la minzione e contraendosi per  trattenere le urine”.

Quando la patologia non guarisce con la riabilitazione perineale, primo approccio per il trattamento dell’incontinenza urinaria, e la terapia fallisce farmacologica, la soluzione arriva dalla chirurgica protesica di ultima generazione. “Virtue, questo il nome della metodica”, precisa il dottor Beatrici, “consente di recuperare la normale continenza con l’inserimento di una retina di polipropilene (materiale biocompatibile) che riposiziona l’uretra, dislocata dall’intervento sulla prostata, nella sua sede anatomica naturale, così consentendo allo sfintere uretrale di funzionare correttamente. La retina rinforza e ricostituisce il sostegno per tutta la muscolatura del pavimento pelvico, indebolita dalla prostatectomia radicale”.

L’intervento dura 20 minuti e si effettua in anestesia locale (spinale) e in one day hospital (ricovero di un giorno e una notte). I vantaggi, rispetto agli interventi del passato invasivi, complessi e con scarsi risultati, sono l’efficacia, la brevità e il  recupero con ritorno alle normali attività in brevissimo tempo – una settimana. Impiegata con successo negli Stati Uniti e in Europa su migliaia di pazienti è disponibile, oltre agli stabilimenti di Fano e di Pesaro, in altri centri italiani a totale carico del Sistema Sanitario Nazionale ed è dunque gratuito per il paziente. “L’incontinenza urinaria da sforzo dopo la prostatectomia”, precisa il dottor Beatrici, “si manifesta a seguito  di un piccolo sforzo  come  tossire o sollevare una “borsa ed è molto frequente. Nella maggior parte dei casi si risolve o si riduce entro un anno dall’intervento, tuttavia circa  il 10% dei pazienti operati rimane incontinente. Nonostante la diffusione della patologia, che con ansia, depressione e isolamento sociale, influisce negativamente sulla qualità della vita, negli incontinenti spesso di riscontra  un atteggiamento di rassegnazione dovuto all’errata convinzione che dopo  aver subito l’asportazione di un tumore alla prostata perdere urina è quasi normale e inevitabile. Il disturbo può invece essere risolto con successo grazie alla più aggiornata tecnica chirurgica mininvasiva e nei centri di urologia  particolarmente esperti in incontinenza urinaria, sempre più diffusi in Italia”.

“L’Urologia Ospedali Riuniti Marche Nord – conclude Beatrici – centro di riferimento per le Marche, è stata potenziata con l’acquisizione delle più moderne tecnologie come il robot Da Vinci per effettuare interventi di chirurgia mininvasiva laparoscopica su tumori della prostata, del rene e della vescica. La Struttura ha erogato oltre undici mila prestazioni ambulatoriali, 1.700 interventi chirurgici in regime di ricovero ordinario e più di quattro cento in regime di day surgery nel 2018″.

Foto di archivio: il Dr. Beatrici in sala operatoria

Quali sono le conseguenze se si toglie la prostata

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Cosa comporta non avere più la prostata?

– problemi di incontinenza: i quali potrebbero sorgere solo sotto sforzi fisici (sollevamento pesi, starnutendo o tossendo). Oltre il 95% degli uomini di età inferiore ai 50 anni infatti riesce a mantenere la continenza. Altre complicanze della prostatectomia radicale includono: Sanguinamento dopo l'operazione.

Chi operato di prostata può avere rapporti sessuali?

Quando riprendere l'attività sessuale? Prima di controllare e testare la funzione erettile è necessario attendere tre o quattro settimane dopo l'intervento. Ad un mese dalla prostatectomia infatti, si consiglia di riprendere l'attività sessuale.

Come si vive dopo l asportazione della prostata?

Il periodo di convalescenza è di circa un mese in cui evitare attività sportive, stress fisici e seguire un'alimentazione adeguata. In caso di febbre, ritenzione d'urina, dolori, o comparsa di sangue nelle urine è bene rivolgersi al reparto di urologia di riferimento.

Come ottenere l'erezione dopo una prostatectomia radicale?

Normalmente, il protocollo di riabilitazione va effettuato mediante l'impiego della farmacoterapia intracavernosa con PGE1, che prevede l'iniezione di un farmaco con azione vasodilatatoria direttamente nei corpi cavernosi del pene, e solo dopo una prima fase di alcuni mesi di trattamento è lecito considerare la ...