Denuncia per minacce di morte con testimoni

In Italia, il reato di Minaccia è punito ai sensi dell’articolo 612 del Codice Penale.

Tale reato può essere punito con una multa e nei casi più gravi con la reclusione; la minaccia ha luogo quando si intimorisce qualcuno minacciandolo, appunto, di recargli un danno ingiusto. Questo danno può essere rivolto alla sua persona, ma anche ai suoi familiari o a danno del suo patrimonio.

La minaccia può essere manifestata in maniera più o meno tacita, con parole o fatti, rientra comunque nei casi previsti dalla legge quando questa turba o diminuisce la libertà morale e psichica della vittima.

Inoltre, non è necessario che la minaccia avvenga in presenza della vittima perché si configuri il reato e può manifestarsi attraverso vari mezzi comunicativi, rientrano in questi, oltre ovviamente alle parole, anche gesti, lettere, e-mail, messaggi o telefonate.

La minaccia non va mai sottovalutata. Le vittime di questo reato sono numerose, molte delle quali spesso non sporgono denuncia o almeno non lo fanno subito; la difficoltà nel dimostrare davanti alla legge di aver subito minacce unita a una sfiducia nella giustizia che con molta lentezza e difficoltà riesce a contrastare tale fenomeno e a tutelare chi ne è vittima, fa sì che, troppo spesso, minacce subite rimangano sconosciute alle autorità o nei casi più gravi emergano solamente una volta compiute.

Come difendersi dal reato di minacce

Come per i reati di Stalking e di Estorsione, anche nel caso in cui si subiscano Minacce la prima cosa da fare è sporgere denuncia alle forze dell’ordine.

È però necessario mettere le autorità in condizione di tutelarci, fornendo loro delle prove che possano giustificare un loro intervento, in caso contrario infatti l’aiuto che potranno fornire alle vittime sarà purtroppo limitato.

Fornire delle prove non è certo semplice, ma non dovete farlo da soli, chiedere aiuto ad un agenzia investigativa qualificata come la nostra è sicuramente una scelta migliore.

La tempestività in casi come questi è un elemento fondamentale, non esitate e rivolgetevi a chi è pronto a tutelare i vostri interessi.

Dispositivo dell'art. 612 Codice Penale

Chiunque minaccia(1) ad altri un ingiusto danno(2) è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro.

Se la minaccia(3) è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno(4).

Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339(5).

Note

(1) Non rilevano le modalità utilizzate per porre in essere la minaccia, che quindi rileva sia se esplicita sia se implicita, a patto che si tratti di un atteggiamento intimidatorio riguardante la sfera morale della vittima di cui risulta compromessa la capacità di autodeterminarsi.

(2) Un esempio di danno ingiusto è rappresentato dal datore di lavoro che prospetta ai propri dipendenti la minaccia del licenziamento.

(3) Affinché possa dirsi integrata tale aggravante, deve essere valutata la gravità della minaccia tenendo conto della lesione minacciata, nonché dell'insieme di circostanze che accompagnano la condotta, sia oggettive (come ad esempio il tempo, il luogo, il modo), sia soggettive (si pensi all'età, al sesso).

(4) Comma modificato dall'art. 1, D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36 con decorrenza dal 9 maggio 2018.

(5) Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36 con decorrenza dal 9 maggio 2018.

Ratio Legis

La disposizione in esame è diretta a tutelare la libertà psichica o morale del soggetto dalle intimidazioni altrui che prospettano un danno ingiusto.

Spiegazione dell'art. 612 Codice Penale

Il bene giuridico oggetto di tutela è la libertà morale, e dunque la libertà psichica, contro ogni turbativa determinata anche semplicemente da attività di disturbo e molestia.

Per minaccia va intesa la prospettazione di un danno ingiusto e notevole, eventualmente proveniente dal soggetto minacciante.

Per danno si intende la lesione o la messa in pericolo di un interesse giuridicamente rilevante del soggetto passivo; l'ingiustizia è da riferirsi ai danni contra ius, oggettivamente illeciti.

Trattasi di reato di pericolo, dato che la sua configurabilità non è richiesta l'effettiva incussione di timore in danno alla vittima, essendo sufficiente che il male prospettato sia idoneo ad incutere timore.

Viene richiesto il dolo generico, ovvero la volontà di minacciare ad altri un danno ingiusto, con la coscienza di che la minaccia sia percepita dal soggetto passivo e che il danno sia ingiusto.

Per quanto riguarda la differenza con il delitto di violenza privata (art. 610), essa consiste nelle diversa struttura della minaccia: generica ed incondizionata nel delitto in esame, condizionata al mancato compimento di una determinata condotta nel delitto di violenza privata.

///SPIEGAZIONE ESTESA

La norma in esame punisce chi, volontariamente, annunci ad un’altra persona un futuro male ingiusto, ledendone la libertà psichica.

Si tratta di un delitto volto a tutelare la libertà morale, sotto il profilo della libertà da comportamenti altrui che siano in grado di ledere lo stato di tranquillità psichica di una persona.
Tuttavia, all’interno dei delitti contro la libertà morale, la minaccia svolge una duplice funzione, essendo configurabile sia come fattispecie autonoma che come fattispecie sussidiaria. Essa, infatti, svolge, in primo luogo, la funzione di fattispecie autonoma, incriminando, non la minaccia-mezzo, finalizzata ad un altrui comportamento, come avviene, invece, nei reati di cui agli articoli 610 e 611 del c.p., bensì la minaccia-fine, ossia la violenza psichica in sé e per sé considerata. Al contempo, però, essa svolge anche la funzione di fattispecie sussidiaria, rispetto agli stessi reati di cui ai citati articoli 610 e 611 del c.p.

È un reato a forma libera, in quanto la condotta tipica può consistere in qualsiasi atto con cui l’agente annunci ad un altro soggetto un futuro male ingiusto. Sono, quindi, indifferenti le modalità con le quali la condotta criminosa venga posta in essere, purché siano idonee ad intimidire la persona a cui siano rivolte, ossia ad esercitare una restrizione dell’altrui libertà psichica. Tale idoneità deve essere giudicata in concreto, facendo riferimento sia alle circostanze del caso, sia alle particolari condizioni psicologiche del soggetto passivo.
Per essere idonea a realizzare un effetto intimidatorio, la minaccia posta in essere dall’agente deve, pertanto, essere, innanzitutto, seria, ossia ragionevolmente verosimile per il soggetto passivo. Ciò significa, quindi, che la minaccia assurda o fantasiosa può essere idonea ad integrare il delitto in esame soltanto qualora sia rivolta ad una persona che, a causa del basso livello intellettuale o culturale, possa concretamente subirne degli effetti intimidatori.
La minaccia deve, poi, essere percepita o, quantomeno, percepibile da parte del soggetto a cui sia rivolta. A tal fine non è necessaria la presenza del soggetto passivo, essendo sufficiente che la minaccia pervenga o sia in grado di pervenire alla sua conoscenza.

In ogni caso, la condotta dell’agente deve consistere nella minaccia di un danno determinato ed ingiusto, ossia di un’offesa ad un interesse legittimo proprio del soggetto passivo o di un’altra persona, la quale, però, sia anche idonea a far sorgere il timore dell’avverarsi di un pericolo.
Non integrerebbe, quindi, il reato in esame, la minaccia di far realizzare un proprio diritto, considerato che, in tal caso, la minaccia, essendo motivata da una causa legittima, non potrebbe dirsi ingiusta. Tuttavia, anche in un caso di questo tipo, la minaccia potrebbe risultare ingiusta in relazione alle modalità con cui venga concretamente posta in essere dall’agente.

L’oggetto materiale del reato è costituito dalla persona determinata a cui si rivolga la condotta criminosa, la quale deve essere una persona fisica capace di percepire l’effetto della minaccia rivoltale dall’agente. Non può, quindi, trattarsi di una persona incapace di intendere e di volere, né di una persona indeterminata del pubblico, né, ancora, di una collettività di persone.
Qualora ad essere minacciate siano più persone determinate, si ha un concorso di reati.

L’eventotipico del reato in esame coincide con il suo momento consumativo, ed è rappresentato dalla conoscenza della minaccia da parte del minacciato. Qualora, infatti, esso non fosse a conoscenza della minaccia indirizzatagli dall’agente, non sarebbe possibile la realizzazione dell'effetto intimidativo.
Nonostante ciò, per la perfezione del reato non è necessaria l’effettiva intimidazione del soggetto passivo, essendo sufficiente la conoscenza, da parte sua, della minaccia.

In base alle circostanze del caso concreto è possibile configurare un tentativo di minaccia. Si pensi, ad esempio, all’invio di una lettera minatoria, la quale, però, venga intercettata prima di essere recapitata al destinatario.

Ai fini dell’integrazione del delitto in esame è sufficiente che, in capo all’agente, sia configurabile il dolo generico, quale coscienza e volontà di minacciare un’altra persona di un male ingiusto.

Ai sensi del comma 2, il delitto in esame risulta aggravato qualora la minaccia sia grave, ossia nel caso in cui l’agente minacci un danno che risulti essere grave, in relazione alle circostanze del caso concreto e alle condizioni del soggetto a cui la minaccia stessa sia rivolta.
Il reato di minaccia risulta, altresì, aggravato, qualora ricorrano le circostanze indicate dall’art. 339 c.p., ossia nel caso in cui, ad esempio, la minaccia sia posta in essere con l’uso di armi o di scritti anonimi. In tali casi, peraltro, ai sensi del comma 3 dell’art. 612 c.p., il reato di minaccia è procedibile d’ufficio.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 612 Codice Penale

Cass. pen. n. 37438/2021

� punibile la minaccia condizionata, salvo che con essa l'autore intenda non gi� restringere la libert� psichica del minacciato, bens� prevenire un'azione illecita dello stesso, rappresentandogli tempestivamente quale reazione legittima determinerebbe il suo comportamento. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato agli effetti civili la decisione di assoluzione dell'imputato che aveva ammonito l'insegnante della figlia con la frase "io ti conosco bene, se tocchi i bambini, ti uccido, sei morta"). (Annulla ai soli effetti civili, TRIBUNALE LECCE, 04/03/2021)

Cass. pen. n. 17942/2020

In tema di minaccia, ricorre la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi una roncola, trattandosi di arma impropria, ai sensi dell'art. 4, comma secondo, della legge 18 aprile 1975, n. 110, per il quale rientra in questa categoria qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona. (Conf. Sez. V, n. 6763 del 1982, Rv. 154534-01). (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO LECCE, 07/11/2018)

Cass. pen. n. 26059/2019

Integra gli estremi del delitto di minaccia aggravata dall'uso di un'arma, di cui all'art. 612, comma secondo, cod. pen. in relazione all'art. 339, comma primo, cod. pen., la condotta di chi cosparga di liquido infiammabile il luogo in cui si trova la vittima e, impugnando un accendino, minacci di appiccare il fuoco, atteso che anche oggetti comuni possono essere qualificati come armi improprie ai sensi dell'art. 585, comma secondo, cod. pen. quando, in un contesto aggressivo, possano essere utilizzati come mezzi di offesa alla persona.

Cass. pen. n. 38387/2017

Ai fini della configurabilit� del delitto di minaccia, non � necessario che le espressioni intimidatorie siano pronunciate in presenza della persona offesa, potendo quest'ultima venirne a conoscenza anche attraverso altri, in un contesto dal quale possa desumersi la volont� dell'agente di produrre l'effetto intimidatorio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la minaccia di morte proferita dall'imputato dinanzi agli agenti penitenziari ai danni di un altro detenuto, non presente, abbia comunque prodotto in quest'ultimo, alla luce degli eventi successivi e delle misure di protezione adottate a sua tutela, uno stato di turbamento psichico idoneo a configurare il reato).

Cass. pen. n. 35593/2015

La gravit� della minaccia va accertata avendo riguardo, in particolare, al tenore delle eventuali espressioni verbali ed al contesto nel quale esse si collocano, onde verificare se, ed in quale grado, la condotta minatoria abbia ingenerato timore o turbamento nella persona offesa. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che non integrassero l'ipotesi di minaccia grave frasi quali "ti ammazzo, ti sgozzo, ti spacco la faccia, ti sparo in testa" e simili, pronunciate dall'imputato all'interno di un ospedale mentre versava in un forte stato di turbamento emotivo dovuto alla presenza di sintomi che in passato avevano preceduto un infarto).

Cass. pen. n. 3865/2015

Integra il delitto previsto dall'art. 612, comma secondo, cod. pen., la minaccia fatta con un piccone, considerato che nel novero delle armi rientrano non solo quelle proprie ma anche quelle improprie e cio� gli strumenti atti ad offendere dei quali � vietato dalla legge il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo, ex art. 585, comma secondo, cod. pen..

Cass. pen. n. 45502/2014

Nel reato di minaccia, elemento essenziale � la limitazione della libert� psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall'autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest'ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire e irrilevante, invece, l'indeterminatezza del male minacciato, purch� questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto priva di oggettiva valenza intimidatoria l'espressione "stai attenta non sai chi sono io", pronunciata nel contesto di una discussione animata e non accompagnata da ulteriori aggiunte verbali dal contenuto minaccioso).

Cass. pen. n. 14054/2014

La minaccia condizionata � punibile, tranne che con essa l'autore intenda non gi� restringere la libert� psichica del minacciato, bens� prevenire un'azione illecita dello stesso, rappresentandogli tempestivamente quale reazione legittima il suo comportamento determinerebbe. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilit�, in ordine al reato di minaccia, dell'imputato, il quale aveva intimato, sotto minaccia di morte, alla persona offesa di non testimoniare su fatti accaduti in sua presenza dicendogli 'se farai da testimone ammazzo anche te").

Cass. pen. n. 9362/2014

E' configurabile il tentativo del delitto di minaccia, quando il reato pu� essere commesso mediante un processo esecutivo frazionabile (Fattispecie in cui la lettera minatoria, contenente un proiettile, � stata intercettata prima di giungere al destinatario).

Cass. pen. n. 19252/2011

L'ingiustizia del male minacciato e, quindi, l'illegittimit� del fatto costituente il delitto di cui all'art. 612 c.p., non viene meno se non risulti ingiusto il motivo posto a base dell'azione criminosa, a meno che non appaiano legittimi tanto il male minacciato quanto il mezzo usato per l'intimidazione.

Cass. pen. n. 5300/2011

In tema di violenza o minaccia a pubblico ufficiale, l'effettivo esercizio di un'azione civile, mediante la notificazione di un atto di citazione o il deposito di un ricorso, non integra gli estremi della violenza o minaccia penalmente rilevante, quand'anche risulti motivato da ragioni strumentali rispetto al diritto vantato, dovendosi distinguere la concreta attivazione del sistema giudiziario attraverso la formulazione di una domanda proposta dinanzi all'autorit� giudiziaria, dalla prospettazione di un'azione, civile o penale, con lo scopo di coartare l'altrui volont� ed ottenere un beneficio od un vantaggio non conformi a giustizia. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso il reato di cui all'art. 336 c.p. nella presentazione di un atto di citazione in cui si ipotizzava una responsabilit� professionale a carico di un consulente tecnico del P.M., in modo da determinare una situazione di apparente incompatibilit� e condizionarne la testimonianza in dibattimento).

Cass. pen. n. 29390/2007

Non integrano il delitto di minaccia le locuzioni intimidatrici espresse in forma condizionata quando siano dirette, non gi� a restringere la libert� psichica del soggetto passivo, ma a prevenirne un'azione illecita o inopportuna e siano rappresentative della reazione legittima determinata dall'eventuale realizzazione di dette azioni. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha escluso che l'espressione �se vedi Attilio digli che se si appoggia alla mia macchina in modo provocatorio io l'ammazzo� integri il delitto di minaccia, avuto riguardo al contesto in cui era stata proferita concernente soggetti adusi ad utilizzare messaggi convenzionali, tali da escludere la seriet� della frase minatoria, costituente una sorta di avvertimento condizionato alla ostentazione di un comportamento provocatorio).

Cass. pen. n. 682/2007

Integra il delitto di minaccia aggravata ai sensi dell'art. 612, comma secondo, c.p., la minaccia fatta con un bastone, considerato che nel novero delle armi rientrano non solo quelle proprie ma anche quelle improprie e cio� gli strumenti atti ad offendere dei quali � vietato dalla legge il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo, ex art. 585, comma secondo, c.p.

Cass. pen. n. 19518/2006

Per la sussistenza dell'aggravante di cui al secondo comma dell'art. 612 c.p., � sufficiente che la minaccia sia posta in essere mediante l'uso di uno strumento atto ad offendere indipendentemente dalla legittimit� o meno del porto.

Cass. pen. n. 8251/2006

Ai fini della configurabilit� del reato di minaccia, si richiede la prospettazione di un male futuro ed ingiusto � la cui verificazione dipende dalla volont� dell'agente � che pu� derivare anche dall'esercizio di una facolt� legittima la quale, tuttavia, sia utilizzata per scopi diversi da quelli per cui � tipicamente preordinata dalla legge. (Fattispecie nella quale la frase oggetto di incriminazione � l'imputato aveva detto all'interlocutore che �aveva lui le persone giuste per fargli cambiare idea� � era stata pronunciata nell'ambito di un contrastato rapporto lavorativo, in riferimento ad obbligazioni assunte ed � stata perci� reputata inidonea a comportare una comminatoria di �ingiusto� danno anche in ragione della sua genericit�).

Cass. pen. n. 4633/2004

Ai fini della configurabilit� del reato di minaccia (art. 612 c.p.), si richiede la prospettazione di un male futuro ed ingiusto � la cui verificazione dipende dalla volont� dell'agente � che pu� derivare anche dall'esercizio di una facolt� legittima la quale, tuttavia, sia utilizzata per scopi diversi da quelli per cui � tipicamente preordinata dalla legge; non �, peraltro, necessario che il bene tutelato dalla norma incriminatrice sia realmente leso, essendo sufficiente che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libert� morale.

Cass. pen. n. 556/2004

In tema di minaccia, anche un mero comportamento pu� presentare i connotati della minaccia, in quanto, da un lato, la condotta si inserisca in un contesto reiterato di espressioni di inequivoco contenuto minaccioso e, dall'altro, esso risulti oggettivamente caratterizzato da atteggiamenti marcatamente minacciosi. (Nella specie, l'agente sostava lungamente con l'autovettura sotto l'abitazione della vittima e, sporgendosi dal finestrino, la chiamava a gran voce affinch� fosse sentito da tutto il vicinato).

Cass. pen. n. 39090/2003

Il comportamento del pubblico ufficiale che usa minacce per costringere un collega del suo ufficio a mostrargli determinati documenti, configura solo il delitto di minaccia, in quanto la pretesa di prendere visione dei documenti non � un'attivit� rientrante nei compiti del pubblico ufficiale ed il diverbio ha ad oggetto un dissenso sulle modalit� di gestione di determinate pratiche e costituisce solo l'occasione per l'azione minacciosa, non finalizzata a costringere ad omettere un atto dell'ufficio.

Cass. pen. n. 36353/2003

Ai fini della configurazione del delitto di minaccia non occorre che le espressioni intimidatorie siano pronunciate in presenza della persona offesa, essendo solo necessario che questa sia venuta a conoscenza anche tramite altre persone, a condizione che ci� avvenga in un contesto per il quale si ritenga che l'agente abbia avuto la volont� di produrre l'effetto intimidatorio. (Fattispecie in cui la minaccia sia stata pronunciata a persona legata al soggetto passivo di relazioni di amicizia e lavoro).

Cass. pen. n. 33091/2003

Il delitto di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce, anche gravi, sempre che tali comportamenti siano stati contestati come finalizzati al maltrattamento; tali reati, infatti, costituiscono elementi essenziali della violenza fisica o morale propria della fattispecie prevista dall'art. 572 c.p.

Cass. pen. n. 16647/2003

L'uso o porto fuori della propria abitazione di un'arma sprovvista del tappo rosso o con il tappo rosso reso non visibile non � previsto dalla legge come reato, ma assume rilevanza penale solo se mediante esso si realizzi un diverso reato del quale l'uso o il porto di un'arma rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato diverso. Sussiste pertanto l'aggravante della minaccia con uso di arma ove la minaccia sia compiuta con un'arma giocattolo il cui pur esistente tappo rosso sia occultato, anche solo temporaneamente, in modo da non renderlo �visibile� alla persona offesa. (In motivazione, la Corte ha osservato che la visibilit�, e non l'esistenza del tappo, ad escludere la configurabilit� dell'aggravante, per la quale rileva solo l'apparenza estrinseca dell'arma).

Cass. pen. n. 31693/2001

Nel reato di minaccia elemento essenziale � la limitazione della libert� psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall'autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest'ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire e irrilevante l'indeterminatezza del male minacciato purch� questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente. (In applicazione di tale principio la S.C. ha ravvisato attitudine intimidatoria nella condotta del vice-presidente di una Regione che si era rivolto ad un funzionario con la frase �questa me la paga, me la lego al dito, non mi faccio prendere in giro da un funzionario, io sono presidente del consiglio regionale�; in particolare la S.C. ha rilevato che la minaccia, pur espressa in termini generici, aveva assunto concretezza intimidatoria, considerati la situazione di collaborazione, non necessariamente gerarchica, tra autore e vittima, ed il fatto che l'espressione facesse riferimento alla carica politica ricoperta dal primo nell'ente pubblico nel quale il soggetto passivo prestava la propria attivit� lavorativa).

Cass. pen. n. 9348/2001

Integra il reato di minaccia aggravata dall'uso delle armi (art. 612, comma secondo, c.p.) e non quello di estorsione aggravata (art. 629, comma secondo, c.p.), la condotta di colui il quale, dopo aver avuto un rapporto sessuale con una prostituta, usi minaccia alla donna per impedirle di richiedere il pagamento della somma pattuita, atteso che quest'ultima non pu� mai formare oggetto di un credito esigibile ma solo di una obbligazione naturale nascente da un contratto nullo, perch� avente causa illecita.

Cass. pen. n. 7511/2000

Perch� si perfezioni il delitto di minaccia � necessario che l'agente prospetti un male ingiusto che, quand'anche non proveniente da lui, dipenda dalla sua volont�. Difatti, poich� l'evento da cui dipende l'esistenza del reato consiste nel turbamento della psiche del destinatario, che si realizza con la stessa rappresentazione del male futuro, il nesso tra la condotta e l'evento dipende proprio dalla disponibilit� di quel male da parte di chi lo prospetta. (Nella fattispecie la Corte, annullando senza rinvio perch� il fatto non sussiste, ha ritenuto che, alla stregua del principio enunciato, non configurasse il reato la frase pronunciata dal ricorrente �se tu ti prendi la casa i miei clienti, che hanno un fucile, ti sparano�).

Cass. pen. n. 5593/2000

Il delitto di violenza privata si consuma ogni qual volta l'autore con la violenza o con la minaccia lede il diritto del soggetto passivo di autodeterminarsi liberamente, costringendolo a fare, tollerare od omettere qualcosa. Al contrario della minaccia che ha natura formale, la violenza privata � un reato di danno, nel quale la condotta sanzionata si realizza con la coartazione della volont� altrui e l'evento lesivo si concretizza nel comportamento coartato di colui che l'ha subita. (Fattispecie di violenza privata per minaccia consapevole di danno ingiusto � sospensione di lavori edili e spese dei giudizi amministrativi � per arbitrario esercizio dei poteri del sindaco).

Cass. pen. n. 14628/1999

La norma che incrimina la minaccia delinea un reato di pericolo, per la cui integrazione non � richiesto che il bene tutelato sia realmente leso mediante l'incussione di timore nella vittima. � sufficiente, invece, che il male prospettato sia idoneo a incutere timore nel soggetto passivo, menomandone, per ci� solo, la sfera della libert� morale. (Nella specie la Corte ha ritenuto che la minaccia, a causa dell'esplicito riferimento al �cimitero�, suonasse come esplicita minaccia di morte).

Cass. pen. n. 12277/1999

L'art. 18 della legge 25 giugno 1999, n. 205 ha abrogato la norma che prevedeva il delitto di oltraggio ma non ha fatto venir meno la rilevanza penale dei fatti-reato sussunti nella fattispecie di oltraggio: non pu� quindi trovare applicazione il comma primo dell'art. 2 c.p. qualora l'azione delittuosa sia stata commessa con minaccia in danno del pubblico ufficiale, conservando il comportamento rilevanza penale, ai sensi degli artt. 612 e 61 n. 10 c.p. Consegue che, se il procedimento sia pendente davanti alla Corte di cassazione, poich� la diversa qualificazione giuridica impone una verifica della procedibilit� dell'azione penale ai sensi del capoverso dell'art. 612 c.p., se la gravit� della minaccia sia stata positivamente apprezzata gi� dal giudice di merito con motivazione esauriente e logica, onde tale ultimo reato sia da considerare procedibile d'ufficio, la Corte deve annullare con rinvio la sentenza che ha ritenuto la sussistenza del delitto di oltraggio e rinviare al giudice di merito per la determinazione della pena da infliggere per il delitto di minaccia aggravata.

Cass. pen. n. 11518/1999

In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, a seguito dell'abolitio criminis di cui all'art. 18 della L. 25 giugno 1999, n. 205, il fatto, originariamente qualificato come oltraggio a norma dell'art. 341 c.p., pu� eventualmente essere nuovamente qualificato come ingiuria o minaccia, a norma degli artt. 594 e 612 c.p. In tale ipotesi, tuttavia, in mancanza di querela, non pu� essere fatta applicazione dell'art. 19 della predetta legge, che prevede una sorta di riapertura dei termini per la sua proposizione, con interpello della persona offesa, poich� tale disposizione si riferisce esclusivamente ai reati, come il furto semplice, originariamente perseguibili di ufficio e divenuti perseguibili a querela in forza della stessa legge, e non, quindi, al reato di oltraggio, che � stato invece abrogato. Ne consegue che, nel giudizio di cassazione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perch� l'azione penale non pu� essere proseguita per mancanza di querela.

Cass. pen. n. 7571/1999

Per la sussistenza del delitto di minaccia non � sufficiente la prospettazione di un male futuro, essendo altres� necessario che il verificarsi del detto male dipenda dalla volont� dell'agente. (Nella fattispecie, la Corte ha escluso che potesse ravvisarsi minaccia nelle parole dell'imputato, il quale si era limitato ad affermare che il figlio aveva problemi psichici e che aveva �preso una fissazione� per la persona offesa, contro la quale avrebbe anche potuto puntare un coltello).

Cass. pen. n. 3186/1997

La minaccia condizionata � punibile � tranne che con essa l'autore intenda non gi� restringere la libert� psichica del minacciato, bens� prevenire un'azione illecita dello stesso, rappresentandogli tempestivamente quale reazione legittima il suo comportamento determinerebbe � e nessun proposito educativo o correttivo nei confronti di un minore pu� essere accreditato ad un soggetto che pronuncia un'espressione minatoria, di forte impatto sul destinatario, accompagnata da un gesto inequivocabile, col quale viene minato l'uso di un'arma da fuoco, e che costituisce manifestazione del proprio livore. (Nella specie la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza della corte di merito che aveva assolto l'imputato � il quale, abusando dei poteri inerenti la qualifica di vigile urbano, aveva minacciato il padre di un minore, pronunciando la frase: �Se suo figlio non sta attento, la prossima volta gli sparo alla schiena� � sul rilievo che la frase era stata pronunciata con l'intento di esercitare una funzione educativa nei confronti del minore, che si era sottratto al controllo del vigile e che, in ogni caso, si trattava di minaccia condizionata).

Cass. pen. n. 9314/1990

Ai fini dell'accertamento della sussistenza del delitto di minaccia, l'indagine sul movente � meramente sussidiaria, nel senso che pu� consentire una pi� approfondita e completa valutazione degli elementi obiettivi soltanto nel caso che questi non siano sufficienti per esprimere un sicuro giudizio sulla sussistenza del reato nei suoi elementi costitutivi.

Cass. pen. n. 11525/1987

Il delitto di cui all'art. 610 c.p., il cui elemento soggettivo � il dolo specifico, si differenzia da quello di cui all'art. 612 c.p., punibile a titolo di dolo generico, proprio per il contenuto della minaccia e la sua strumentalizzazione; la minaccia, cio�, deve raggiungere una intensit� di contenuto da apparire idonea al fine propostosi dall'agente e deve essere usata per costringere il soggetto passivo a tenere il comportamento alternativamente richiesto nel primo comma di detto articolo. Ne consegue che risponde di violenza privata e non di minacce colui il quale minacci la vittima costringendola a non uscire di casa al fine sia di farla restare nella abitazione che di tollerare le sue intemperanze.

Cass. pen. n. 8275/1986

Ai fini della configurabilit� del delitto di cui all'art. 612 c.p. minaccia � ogni mezzo valevole a limitare la libert� psichica di alcuno ed � costituita, quindi, da una manifestazione esterna che, a fine intimidatorio, rappresenta in qualsiasi forma al soggetto passivo il pericolo di un male ingiusto, cio� contra ius, che in un futuro pi� o meno prossimo possa essergli cagionato dal colpevole o da altri per lui nella persona o nel patrimonio.

Cass. pen. n. 5617/1986

In tema di minaccia, il secondo comma dell'art. 612 c.p. presume il danno grave quando concorrano le modalit� stabile nell'art. 339 stesso codice (circostanze aggravanti), ma non esclude che la gravit� possa scaturire anche da altri elementi (�se la minaccia � grave o � fatta in uno dei modi indicati dall'art. 339�). Ne deriva che, se la fattispecie esula dall'art. 339 citato, la gravit� deve desumersi dall'insieme delle circostanze concrete nelle quali la minaccia � commessa e dalle condizioni particolari in cui si trovano i soggetti del delitto.

Cass. pen. n. 8264/1985

Ai fini della sussistenza del delitto di cui all'art. 612 c.p., la minaccia, valutata con un criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto, oggettive e soggettive, deve essere idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, anche se il turbamento psichico non si verifichi in concreto. Si tratta infatti di reato di pericolo, che si consuma nel momento in cui l'azione intimidatoria sia portata a conoscenza del soggetto passivo. (Nella specie � stata ritenuta la minaccia aggravata in considerazione del tempo di notte, della pluralit� dei soggetti minaccianti, della presenza di una pistola che, per la sua sagoma, si intravede facilmente anche nella penombra e che anzi ha maggiore efficacia intimidatrice).

Cass. pen. n. 7382/1985

Nel delitto di minaccia, il dolo, quale componente del fatto contestato, consiste nella cosciente volont� di minacciare ad altri un ingiusto danno ed � diretto a provocare l'intimidazione del soggetto passivo, senza che sia necessario che in tale volont� sia compreso il proposito di tradurre in atto il male minacciato. Infatti, oggetto del delitto � unicamente l'azione intimidatrice.

Cass. pen. n. 6289/1985

Sussiste il reato di cui all'art. 612 c.p. anche se le minacce non sono rivolte direttamente al soggetto passivo, ma a persona a lui legata da relazioni di parentela, di amicizia e di lavoro, con la certezza che di esse egli venga a conoscenza. (Fattispecie relativa a ritenuta sussistenza del reato ritenuta inaccoglibile la tesi difensiva fondata sul rilievo che, non essendo state percepite le frasi minacciose direttamente dalla persona offesa, bens� dalle sue impiegate e per via telefonica, sarebbe venuta meno ogni loro carica intimidatrice).

Cass. pen. n. 11256/1984

La fattispecie di cui all'art. 612 c.p. � integrata anche quando, in assenza di parole intimidatorie o di gesti espliciti sia adottato un comportamento univocamente idoneo ad ingenerare timore, sicch� possa essere turbata o diminuita la libert� psichica del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 7355/1984

Le frasi intimidatrici espresse in forma condizionata non integrano gli estremi del reato di minaccia, quando siano dirette non gi� a restringere la libert� psichica del soggetto passivo, bens� a prevenirne un'azione illecita, rappresentandogli la reazione legittima determinata da un suo comportamento (nella specie � stato ritenuto che la locuzione �prova a denunciarmi e vedrai che cosa ti succede� avesse carattere intimidatorio in relazione alla condotta complessiva dell'imputato, che in precedenza aveva percosso la parte offesa).

Cass. pen. n. 8107/1982

Al concetto di gravit� della minaccia va attribuito un carattere relativo, riferibile non soltanto all'entit� del male minacciato, ma anche all'insieme delle modalit� dell'azione ed alle condizioni in cui si trovano i soggetti del delitto. (Nella specie � stata ravvisata la minaccia, nell'ipotesi aggravata di cui al cpv. dell'art. 612 c.p., per avere l'imputato pronunciato la frase: �se non te ne vai ti sparo� senza alcun serio motivo, nei confronti di due fidanzati che si trovavano all'interno di una autovettura).

Cass. pen. n. 3718/1982

L'ingiustizia del male minacciato e, quindi, l'illegittimit� del fatto costituente il delitto di cui all'art. 612 c.p., non viene meno anche se non risulti ingiusto il motivo che � alla base dell'azione criminosa, a meno che non appaiano legittimi tanto il male minacciato quanto il mezzo usato per l'intimidazione.

Cass. pen. n. 3234/1982

Il reato di minaccia deve considerarsi reato formale di pericolo e, come tale, non postula l'intimidazione effettiva del soggetto passivo, essendo sufficiente che il male minacciato, in relazione alle concrete circostanze di fatto, sia tale potenzialmente da incutere timore e da incidere nella sfera di libert� psichica del soggetto passivo.

Cass. pen. n. 8682/1981

Anche l'uso di un'arma apparente o di un'arma giocattolo integra l'aggravante dell'arma nel delitto di minaccia quando si tratta di oggetto che, avendo l'apparenza di arma idonea a produrre lesioni, � atta a provocare nella vittima un effetto intimidatorio pi� intenso.

Cass. pen. n. 3931/1976

Sia nel delitto di violenza privata che in quello di minaccia, la tutela penale tende a garantire la libert� psichica dell'individuo nella sua volontaria esplicazione. Per la sussistenza della minaccia � sufficiente che l'agente eserciti la sua azione intimidatoria in senso generico, trattandosi di reato formale con evento di pericolo immanente nella stessa azione. La violenza privata presenta, invece, un quid pluris, essendo la minaccia diretta a costringere taluno a fare tollerare od omettere qualcosa, con evento di danno costituito dall'essersi l'altrui volont� estrinsecata in un comportamento coartato.

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Cosa si rischia con una denuncia per minaccia di morte?

Questo tipo di minaccia, pur non rientrando nelle ipotesi previste dall'art 339 cp, viene considerata dall'ordinamento come “grave“. Per le minacce di morte pertanto, la procedibilità rimane a querela della persona offesa, ma si rischia la reclusione fino ad un anno.

Quanto dura un processo per minacce?

Quanto durano le indagini per il reato di minacce? Il legislatore ha fissato i termini di durata delle indagini in 6 mesi, che decorrono dalla annotazione nel registro del reato (335). Il termine è di 1 anno per ipotesi delittuose di particolari gravità.

Quando si può denunciare per minacce?

Le conseguenze di una denuncia per minaccia dipendono dalla gravità della stessa. Se la minaccia è aggravata ( minaccia di morte) il procedimento penale si apre d'ufficio. Se la minaccia è lieve si procede a querela di parte, entro novanta giorni dal fatto reato, avanti il Giudice di pace.

Quali sono le minacce gravi?

Ad esempio, sicuramente grave è la minaccia di morte. Può ritenersi grave anche la minaccia (non necessariamente di morte) pronunciata da un noto appartenente a un clan malavitoso oppure rivolta a una persona particolarmente debole (ad esempio, a un malato o a un anziano).