Destinare il tfr ad un fondo pensione

In caso di prima assunzione:

Entro 6 mesi dalla prima assunzione, il lavoratore del settore privato deve decidere cosa fare del proprio TFR. Può destinarlo in via definitiva a una forma pensionistica complementare (compilando il modello TFR2), aderendovi, oppure, lasciarlo presso l’azienda, non aderendo ad alcuna forma di previdenza complementare.
La scelta di aderire alla previdenza complementare è irrevocabile, mentre quella di lasciare il TFR in azienda può in ogni momento essere modificata.
In mancanza di una scelta esplicita da parte del lavoratore in merito al TFR opera il meccanismo del silenzio-assenso: il TFR confluisce automaticamente nel fondo pensione previsto dal contratto collettivo di lavoro o, in presenza di più fondi, in quello a cui è iscritto il maggior numero di dipendenti; in tal caso il lavoratore aderisce “tacitamente” al fondo pensione. Se non è previsto un fondo pensione di riferimento il TFR viene versato al fondo residuale individuato dalla normativa (FONDINPS fino al 30 settembre 2020 e dal 1° ottobre 2020 al “Fondo nazionale pensione complementare per i lavoratori dell’industria metalmeccanica, della installazione di impianti e dei settori affini” –“COMETA”).

In caso di nuovo rapporto di lavoro:

Se nel precedente rapporto di lavoro la scelta è stata quella di mantenere il TFR in azienda, il nuovo datore di lavoro continuerà a mantenere il TFR sulla base della scelta precedente, ferma restando la possibilità da parte del lavoratore di rivedere, in ogni momento, la scelta a suo tempo effettuata e conferire il TFR futuro a una forma pensionistica complementare.
Chi nel precedente rapporto di lavoro ha aderito alla previdenza complementare e ha poi riscattato interamente la posizione individuale maturata (per perdita dei requisiti di partecipazione, ad es. in caso di licenziamento), entro sei mesi dalla nuova assunzione deve manifestare la scelta sulla destinazione del TFR futuro e cioè decidere di nuovo se destinarlo a un fondo pensione o lasciarlo in azienda (compilando il modello TFR2). Se non si esprime, alla scadenza del semestre, il TFR viene destinato alla previdenza complementare secondo il meccanismo del silenzio-assenso (cosiddetta adesione tacita).
Se la variazione del rapporto di lavoro comporta anche la perdita dei requisiti di partecipazione al fondo pensione precedentemente scelto, e il lavoratore non ha riscattato interamente la posizione individuale maturata, lo stesso deve indicare al nuovo datore di lavoro a quale forma di previdenza complementare intende conferire le quote di TFR futuro, tenendo conto delle opportunità che derivano dal nuovo rapporto di lavoro. Anche in questo caso si hanno a disposizione sei mesi dalla data di assunzione per manifestare la propria volontà, fermo restando che la scelta non sarà tra la destinazione del TFR a previdenza complementare o il mantenimento di tale trattamento in azienda, ma si limiterà all’individuazione della forma pensionistica complementare cui conferire il TFR maturando. La posizione già maturata può essere mantenuta nel fondo pensione originario (anche senza effettuare nuovi versamenti), riscattata definitivamente o trasferita al nuovo fondo pensione.

Categoria: 

Informazioni generali sul conferimento del TFR alla previdenza complementare

Decidere se lasciare il TFR in azienda o farlo confluire in un fondo pensione, è molto importante.

Si tratta di una scelta da compiere dopo essersi adeguatamente informati, perché parliamo del futuro proprio e della propria famiglia, e della possibilità di far fruttare questo capitale accumulato lavorando giorno dopo giorno.

Sono due gli elementi oggettivi che è necessario conoscere per operare una scelta personale consapevole:

  • tassazione:
  • rendimento.

Per aiutarti in questa decisione così delicata, abbiamo deciso di elaborare una guida con tutti i dati in chiaro, per fare gli opportuni paragoni e scoprire che l’adesione al fondo pensione è decisamente più conveniente.

Cos’è il TFR?

Il TFR, acronimo di Trattamento di Fine Rapporto, è disciplinato dall’art. 2120 del Codice Civile, di cui citiamo il primo comma:

“In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.”

Semplificando, si tratta dell’equivalente di uno stipendio all’anno, accantonato dal datore di lavoro o, come vedremo, destinato ad un fondo pensione, al fine di contribuire alla previdenza complementare del lavoratore.

Un “tesoretto”, che si accumula negli anni di lavoro e che il lavoratore può decidere come impiegare, scegliendo tra due opzioni:

  • lasciare il TFR in azienda e ritirarlo al termine del rapporto di lavoro;
  • farlo confluire in un fondo pensione, in modo da contribuire alla propria previdenza complementare che andrà a integrare l’assegno pensionistico pubblico al momento del definitivo ritiro dal lavoro.

Approfondiamo insieme entrambe le possibilità.

TFR in azienda: come funziona?

Per compiere una scelta ragionata, è importante capire cosa accade al TFR una volta operata la scelta, in termini di:

  • tassazione del capitale accantonato;
  • rendimento di suddetto capitale.

Vediamo cosa vuol dire.

Tassazione del capitale accantonato

Gli accantonamenti del TFR che anno dopo anno vengono lasciati in azienda, non vengono tassati nell’anno in cui sono stati conteggiati.

L’accantonamento del 2020, per intenderci, non viene tassato nel 2020 stesso.

Le imposte vengono conteggiate e applicate soltanto quando il lavoratore riceverà l’intero TFR accantonato, sotto forma di liquidazione, al termine del rapporto di lavoro.

A quel punto il TFR sarà sottoposto alla cosiddetta “tassazione separata”.

Dunque, il TFR non concorre a formare il reddito dell’anno in cui si ottiene la liquidazione, perché altrimenti le imposte di quell’anno in particolare risulterebbero altissime, raggiungendo un reddito imponibile molto più alto del normale per il lavoratore in questione.

Allora, anziché conteggiare le tasse in dichiarazione dei redditi, sul TFR si calcolano le imposte separatamente, appunto, e con un’aliquota determinata facendo la media di quelle degli ultimi 5 anni.

Per farsi un’idea, la tassazione minima è pari al 24%, Ma stiamo parlando del solo capitale accantonato.

Rendimento del capitale

Sul TFR in azienda si applica un tasso di rivalutazione costituito dall’1,5% fisso più il 75% dell’inflazione annua.

Facciamo un esempio concreto, per meglio comprendere questo concetto.

A ottobre 2020 la percentuale utile per la rivalutazione del trattamento di fine rapporto maturato al 31 dicembre 2019 è pari a 1,25%, dal momento che l’inflazione ha segno negativo.

La rivalutazione è, però, soggetta a imposta sostitutiva pari al 17% da versare annualmente allo Stato, per cui il lavoratore riceverà al termine del rapporto di lavoro la rivalutazione netta a cui saranno già state sottratte le imposte.

TFR in un fondo pensione: adesione esplicita o tacita?

La scelta della destinazione del TFR deve essere fatta dal lavoratore utilizzando il modulo TFR 2 (qui puoi trovare il modello disponibile sul nostro sito).

Il lavoratore ha 6 mesi di tempo dalla data di assunzione per fare la sua scelta tra lasciare l’accantonamento in azienda oppure aderire a un fondo pensione.

L’adesione al fondo può essere di due tipi, a seconda che la scelta venga esplicitata o meno:

  • adesione esplicita, se si sceglie di versare il TFR in un fondo pensione entro 6 mesi dall’assunzione;
  • adesione tacita, nel caso in cui il lavoratore non si esprimesse entro i 6 mesi previsti, con iscrizione automatica al Fondo pensione negoziale previsto dal CCNL o contratto aziendale.

Precisiamo, inoltre, che il lavoratore può, in qualsiasi momento, decidere di aderire al fondo pensione, compilando il relativo modulo e avviando i versamenti.

Tassazione e rendimento del TFR nel fondo pensione

Scegliere di destinare il TFR nel fondo pensione consente di accedere ai vantaggi fiscali riservati alla previdenza complementare, che riguardano sia il capitale versato sia i rendimenti (che possiamo paragonare alla rivalutazione del TFR lasciato in azienda).

Nel dettaglio:

  • i contributi versati nel fondo sono deducibili dal reddito IRPEF, con un tetto massimo annuale pari a 5.164,57 euro;
  • i rendimenti maturati nel corso della gestione dei versamenti subiscono un prelievo fiscale tramite imposta sostitutiva pari al 12,5% sui rendimenti da Titoli di Stato e al 20% sui rendimenti da altri impieghi;
  • le prestazioni finali per i lavoratori del settore privato, sia in forma di rendita che di capitale, vengono tassate con un’aliquota del 15% che si riduce dello 0,30% all’anno per ogni anno di permanenza nel fondo pensione oltre il quindicesimo, fino ad un’aliquota minima del 9%.

Per quanto riguarda i rendimenti, questi dipendono dagli investimenti del fondo, ma basti pensare che nel 2019 chi ha aderito al Comparto Garantito Protezione del Fondo Priamo, linea di investimento dedicata anche ai contributi derivanti dal TFR conferito in caso di silenzio-assenso, ha ottenuto un rendimento netto del 2,09%.

Confrontando tassazione e rendimenti si intuiscono immediatamente i vantaggi per chi sceglie l’opzione del fondo pensione anziché lasciare il TFR in azienda.

I nostri approfondimenti sul tema:

  • Cos'è e come funziona la previdenza complementare
  • Fondo Pensione: cos'è e come funziona
  • Come vengono investiti i contributi dal Fondo Pensione

Se vuoi conoscere tutti i benefici derivanti dall’adesione a Fondo Priamo consulta la nostra pagina dedicata: I vantaggi dell'adesione.

TABELLA RIASSUNTIVA

  TFR IN AZIENDA TFR NEL FONDO PENSIONE
QUANDO VIENE DATO AL LAVORATORE Al termine del rapporto di lavoro Al termine del rapporto di lavoro o alla pensione
TASSAZIONE Tassazione separata (minimo 24%) Tassazione sostitutiva (massimo 15% - minimo 9%)
RENDIMENTO Rendimento medio ultimi 10 anni TFR 1,98% Rendimento medio ultimi 10 anni Comparto bilanciato prudenza 3,60%

Dove è meglio mettere il TFR?

Sappi che di solito conviene investire in un fondo pensione al netto dei costi e delle tassazioni; i fondi pensione aperti hanno ottenuto rendimenti circa intorno al 3,3%. La rivalutazione del TFR lasciato in azienda si ottiene invece a un tasso fisso del 1,5%, + 75% dell'indice ISTAT (prezzi dei beni al consumo);

Come mettere il TFR in un fondo pensione?

Posso versare al fondo pensione anche il TFR già accumulato in azienda? Il conferimento del TFR pregresso è possibile solo attraverso un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro che acconsente al versamento delle quote al fondo pensione.

Perché mettere il TFR in un fondo pensione?

Decidere di versare il TFR in un fondo pensione permette di accedere a diversi vantaggi fiscali riservati alla previdenza integrativa, sia sul capitale versato sia sui rendimenti.

Quali sono i vantaggi fiscali per il dipendente che trasferisce il TFR alla previdenza complementare?

Deducibilità Ogni anno è possibile dedurre dal reddito dichiarato ai fini IRPEF fino a 5.164,57 euro di contributi alla pensione integrativa, compresi gli eventuali contributi versati dal datore di lavoro, deducibili al pari di quelli personali.

Quali sono i migliori fondi pensione?

Di seguito le classifiche 2022 dei migliori fondi pensione aperti distribuiti in Italia..
Crédit Agricole Vita – Taro (+4,90%).
BAP Pensione Investimento (+4,66%).
Anima Arti e Mestieri – Crescita 25+ (+4,65%).
Vittoria Previdenza – Capitalizzata (+4,63%).
Sella Eurorisparmio – Az. Internazionale (+4,60%).