Un popolo di eroi di santi di poeti di artisti di navigatori

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9 novembre 2011

“Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigatori”. Così è scritto sul Palazzo della Civiltà Italiana dell’EUR a Roma. Manca: “d’ingenui”. Ingenui al tempo di Mussolini, gli italiani, ingenui ancora oggi. Si è visto, infatti, con quanto sollievo e soddisfazione molti abbiano accolto la promessa di dimissioni del Cavaliere della Furbizia.  Ma no, un popolo d’ingenui non va bene. Sul Palazzo della Civiltà aggiungerei: “Un popolo d’allocchi”.

Veronica Tussi

I commenti dei lettori (5)

“Italiani, popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori…” È la parte rimasta più famosa di un discorso che Benito Mussolini pronunciò nel 1935.
Questi appellativi descrivono ancora bene le nostre piccole medie imprese. I nostri imprenditori sono spesso artisti nel concepire e realizzare i loro prodotti, poeti nel descriverne le caratteristiche ed eroi nella dedizione alla loro impresa. Navigatori perché partono con la loro valigia per conquistare il mondo, spesso con una scarsa conoscenza della lingua inglese.

Un popolo di eroi di santi di poeti di artisti di navigatori

Sono però convinto che per conquistare il mondo di oggi servano anche altre qualità. Meno riferite all’individuo e più alla squadra.
Mi capita spesso di incontrare aziende che investono importanti risorse per sviluppare un prodotto. Spesso è l’imprenditore che ha l’idea e se ne innamora. Ma fare impresa ragionando con il cuore può essere pericoloso. Spesso si tratta di aziende che sono specializzate nel B2B o che lavoravano come terzisti e vogliono fare il salto nel mercato finale. Credono che il successo di un prodotto dipenda solo dal prodotto stesso. Ignorano tutte le implicazioni di un business e gli investimenti conseguenti.
Alle volte qualcuno ha fortuna. Ma credo si tratti dell’eccezione che conferma la regola. Anche Colombo ha scoperto l’America per caso. Ma di America ce ne è una sola.

“Italia, popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori e trasmigratori”, recita la frase di Mussolini gravata con lettere fasciste sul ‘colosseo quadrato’, alias Palazzo della Civiltà italiana, all’Eur. Quella scritta andrebbe ora aggiornata e integrata: “Italia, popolo d’evasori e di commessi viaggiatori”.

Gli evasori sono vecchia solfa. I commessi viaggiatori sono storia fresca.

Il premier Letta va a Bruxelles a ‘vendere’ l’Italia della presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, nel secondo semestre 2014, e dell’Expo di Milano, nel 2015; e poi vola negli Emirati a vendere l’Italia (e l’Alitalia), raccontando che qui da noi la crisi è finita e si apre una fase di opportunità; e che siamo a un punto di svolta per la stabilità (e chissà che cosa ha raccontato dell’Alitalia, che sta su puntellata con i soldi delle Poste, alla Etihad). E prima era stato in Messico.

Ora, non è che io voglia fare il purista della politica (estera) a tutti i costi: capi di Stato o di governo e ministri d’ogni latitudine cercano, da sempre, di presentare sotto la luce migliore il proprio Paese, d’incoraggiare l’export, di richiamare gli investimenti. Ma a spararle troppo grosse si rischia l’effetto boomerang: Italia ha il tasso di crescita più basso nella zona euro e tassi di disoccupazione, globali e giovanili, fra i più alti; è il Paese dove i boiardi di Stato taroccano i titoli e intanto moltiplicano gli incarichi –e, quando vengono ‘sgamati’, tutti fanno finta di non conoscerli-; stenta a ottenere rispetto sul piano internazionale, come la vicenda dei marò dimostra (colpa dell’India?, fors’anche, ma non ci siamo mica dimenticati il balletto ‘non te li do, te li ridò’ di quando agli esteri e alla difesa, oltre che a Palazzo Chigi, c’erano dei ‘tecnici’?); e gestirà la presidenza di turno più corta che si possa immaginare, perché elezioni europee prima e avvicendamenti istituzionali poi impastoieranno, da maggio fino a novembre se va bene, l’attività dell’Ue (il che dovrebbe suggerire di non alimentare attese eccessive).

Il che non vuol dire che l’Italia non abbia potenziale e attrattiva. I margini di miglioramento sono così ampi che ci vuole poco a sfruttarli. Un esempio: secondo uno dei più prestigiosi ‘think tank’ europei, l’Ecfr, abbiamo migliorato i nostri voti in politica estera, soprattutto grazie al cambio di passo del ministro Emma Bonino rispetto ai suoi predecessori.

Lo European Foreign Policy Scorecard, giunto alla quarta edizione valuta la politica estera dell’Ue e dei 28 in sei aree specifiche (Medio Oriente e Nord Africa, Est Europa, Russia, Usa, Cina e questioni multilaterali), distinguendo, tema per tema, fra Paesi che guidano e Paesi che frenano.

Francia e Gran Bretagna si confermano i Paesi più attivi in politica estera, davanti alla Germania, e Svezia e Polonia si mantengono fra i leader. L’Italia, che nel 2011 e 2012 frenava più di quanto guidasse, ora sta fra chi svolge un’azione più propulsiva, soprattutto nel Mediterraneo e nei Balcani. Fare bene, sappiamo. E, se ce lo riconoscono gli altri, tanto meglio. Ché il ‘chi si loda s’imbroda’ è sempre attuale.

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