Politecnico di milano è statale o privato

Politecnico di Milano

Inaugurazione Nuovo Campus di Architettura - 22 giugno 2021

Signor Presidente della Repubblica.

Onorevole Senatore Piano.

Magnifico Rettore Ferruccio Resta.

Autorità.

Rettrici, Rettori. Docenti. Personale tecnico-amministrativo.

Care studentesse e cari studenti.

Ripartiamo anche da qui. Da un luogo dove la conoscenza con i suoi strumenti punta ad ampliare le sfere del sapere e del fare.

Come anche raffigurato nel logo del POLIMI, l’università è intesa come luogo dove non c’è sapere senza fare, né fare senza sapere, dove la conoscenza è frutto di lavoro collettivo, che si alimenta e propaga grazie alla interazione fra saperi e competenze, passione e metodo, programmazione e creatività.

Come da anni voi comunità politecnica insegnate a fare, animati da una visione strategica con la quale tenete insieme la conoscenza e i valori dell’interculturalità, della diversità, dell’inclusione.

Una visione costruita sul formare le nuove generazioni in base ai principi del conoscere, del saper essere e del saper fare, senza tralasciare l’importanza dei rapporti con gli attori sociali e il territorio, che trova riscontro anche nelle positive valutazioni internazionali, come recentemente ricordato nella classifica QS Rankings.

È un traguardo importante, un riconoscimento che premia il lavoro ben fatto di questi anni, la capacità di programmare, auto valutarsi, cercare il miglioramento continuo.

L’immobilismo non può appartenere alle università e tanto meno ai politecnici, luoghi del progettare e del fare innovativo.

Del resto, la recente crisi pandemica ha imposto nuove riflessioni per una nuova e più forte spinta rigenerativa che parte dalle università, ma che interessa lo spazio loro esterno e coinvolge l’intero corpo sociale.

Questa spinta sollecita a ridefinire i paradigmi, come cinquant’anni fa fece la buona architettura con il Beaubourg, la mia prima volta in cui ho capito che cambiando la visione e la funzione delle cose, cercando la bellezza non fine a se stessa, ma funzionale a interrogare e far incontrare, troviamo la bellezza che assieme alla conoscenza crea valore pubblico.

Scienza e bellezza, per loro definizione, colgono sulla linea del confine le occasioni di espansione, anche dei territori. Immaginare nelle aree a rischio di marginalizzazione università, laboratori, biblioteche, centri di ricerca e di cultura, spazi aggregativi polifunzionali, significa attrarre capitale creativo, canalizzare risorse e accelerare un cambiamento.

Gli esempi di rigenerazione urbana trainati dalle università sono numerosissimi e riguardano molte città nel nostro Paese.

Anche così le università hanno modificato la loro governance, per essere più aperte all’esterno, sempre fornendo comunque metodi per imparare.

L’università infatti è laboratorio per una nuova proposta di cultura poliforme, politecnica, necessaria a elaborare risposte che coniughino il sapere tecnico scientifico delle STEM con quello umanistico-letterario, sintetizzato con la A di Arts. La sfida da raccogliere e vincere oggi è quella delle interdisciplinarietà «disruptive» orientate a formare professionalità più creative, soprattutto più preparate ad affrontare la complessità.

Per fare questo, e raggiungere risultati in tempi brevi, le risorse attualmente disponibili, sebbene importanti, da sole non bastano.

Occorre intervenire sulle regole semplificandole e armonizzandole.

L’azione del Ministero dell’Università e della Ricerca di questo periodo è orientata alla volontà di ridurre gli adempimenti che rallentano l’operatività, rivedendo i vincoli e i limiti di spesa, ridefinendo delle carriere della ricerca, come già detto a proposito del DDL approvato alla Camera. Così come vanno superate cultura e gestione burocratica a vantaggio di una cultura e gestione manageriale, questo a cominciare anche dal nostro Ministero fino ad arrivare al singolo Ateneo. Non è facile, né è semplice. E ne parliamo da molto tempo, senza marcati miglioramenti. Ci sono però almeno 3 fatti che non erano presenti prima:

il primo è che abbiamo un piano straordinario di investimenti per il mondo delle università e della ricerca che richiede responsabilità, partecipazione e ampie capacità progettuali e gestionali. Il secondo è che c’è un clima di fiducia verso la scienza che non va sprecato. Il terzo è che c’è molta attesa ed esigenza di concretezza. Ecco perché è importante che la scienza non perda di vista la sua capacità di fare, trasformare, costruire.

Per essere i veri costruttori del futuro, impariamo e insegniamo a progettarlo, a realizzarlo sempre più bello, sempre più umano.

di Saro Faraci (terza ed ultima puntata)

L’indagine University Report 2020 dell’Osservatorio Job Pricing, appena rilasciata, ci ha fin qui fornito l’occasione per due distinti approfondimenti sul rapporto tra titolo di studio, occasioni di lavoro e progressioni di carriera. Nel primo articolo, si è evidenziato che, nonostante gli effetti delle recessioni economiche, la laurea rimane una barricata contro la disoccupazione; nel secondo articolo, invece, si è precisato che, a fini retributivi e di carriera, la laurea paga e ripaga gli sforzi sostenuti duranti gli anni di studio universitario.

In questa ultima puntata della nostra breve indagine, acclarato che laurearsi conviene da un punto di vista retributivo, la domanda legittima da porsi è la seguente: qual è il miglior percorso di studi da affrontare per massimizzare il ritorno di questo importante investimento di tempo e di denaro?

Le prospettive occupazionali migliori sono assicurate dalle lauree nelle discipline cosiddette STEM (science, tech, engineering, mathematics). In base ai dati di Job Pricing e considerando la fascia dei laureati tra 25 e 34 anni, laurearsi in ingegneria gestionale assicura una retribuzione annua lorda media di 32.665 euro, in ingegneria chimica e dei materiali 32.063 €, in scienze statistiche 31.962 €, in Ingegneria meccanica, navale, aeronautica ed aerospaziale 31.887 euro. A seguire, laurearsi in scienze economiche dà una retribuzione annua lorda media di 31.574 euro, in ingegneria informatica, elettronica e delle telecomunicazioni di 30.618 €. Dati alla mano, queste lauree sono le più remunerative rispetto a tutte le altre. In coda alla classifica, la laurea in lingue e letterature straniere moderne dà una retribuzione annua lorda di 26.086 euro, con un 14,3% in meno rispetto alla media delle retribuzioni di tutti i laureati 25-34 anni. Questo non vuol dire che sia una laurea inutile, ma sicuramente è meno apprezzata al momento dal mercato del lavoro.

In proiezione, guardando cioè alla crescita retributiva della retribuzione media dei laureati  nella progressione di fascia dai 25-34 ai 45-54 anni, la laurea in ingegneria chimica e di materiali è la più remunerativa, con una crescita dell’87%. A seguire, la laurea in ingegneria gestionale, quella in ingegneria meccanica, poi la laurea in scienze chimiche, in scienze economiche e anche in scienze politiche e sociali. Se è molto remunerativa all’inizio, la laurea in scienze statistiche invece lo è un po’ meno strada facendo (59% rispetto all’87% di ingegneria chimica) nella crescita retributiva dai 25-34 anni a 45-54 anni. Fanalino di coda la laurea in scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche la cui retribuzione media cresce solo del 26%.

Altra domanda. Conviene frequentare una università statale, una privata o un politecnico? Per Job Pricing, il confronto favorisce l’università privata che assicura una retribuzione media lorda di 44.195 euro all’anno, mentre il politecnico 42.903 € e l’università statale 39.311 euro. Il differenziale dunque è abbastanza netto. Dunque, i laureati in Atenei privati hanno in media stipendi superiori rispetto a chi conseguito il diploma di laurea in università pubbliche. Inoltre, le università del Nord inoltre sono più remunerative di quelle del Centro e del Sud: 41.275 euro contro 40.122 € e 37.798 € rispettivamente.

Questi dati giustificherebbero il fenomeno “migratorio” degli studenti universitari dal Sud al Nord dell’Italia. Come è abbastanza scontato attendersi, soprattutto per i migliori tassi di occupazione, spostarsi da Sud a Nord per un laureato è molto significativo. In particolare, il 65% di chi consegue la laurea nel Sud e isole si sposta poi a lavorare nel Centro (21%)  o nel Nord Italia (44%). Questo è il quadro fino a prima del Covid-19. Come si riconfigurerà il mercato del lavoro dopo il coronavirus ancora non è chiaro e non è prevedibile. Il quadro della mobilità dei laureati in aziende di altri territori è il seguente. Per chi ha frequentato l’università al Nord, il settentrione è la sede di lavoro naturale (94%). Per chi ha frequentato un Ateneo al centro Italia, la sede lavorativa del nord è scelta dal 26%, mentre il 71% rimane nella stessa area geografica. Infine, come già ricordato sopra, per chi ha frequentato l’università al Sud e isole la composizione è più articolata: la migrazione verso il nord riguarda il 44% e verso il centro il 21%, mentre continua a rimanere nella stessa area geografica solo il 35% dei laureati. Sono le dinamiche infernali di un mercato del lavoro che ovviamente risente dei diversi tassi di sviluppo delle aree del Paese.

Un ultimo sguardo infine ai migliori Atenei per carriera e guadagno. Nella fascia di età fra i 25 e i 34 anni, i laureati alla Bocconi guadagnano mediamente 35.081 euro all’anno, cioè il 15,2% in più della media. A seguire i laureati della LUISS, del Politecnico di Milano, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, del Politecnico di Torino, dell’Università di Brescia, di Roma Tor Vergata e di Padova. Chi si laurea a Palermo ha una retribuzione media annua di 30.747 euro, a Catania di 30.058 euro, a Messina di 29.514 euro. Fanalino di coda sono i laureati dell’Università di Perugia con una retribuzione media annua di 29.002 €, quasi il 5% in meno della media retributiva dei laureati

Più interessante è invece l’analisi dell’andamento della retribuzione nel corso della carriera lavorativa, in particolare l’incremento che si registra tra il primo (25-34 anni) e l’ultimo step di carriera (45-54 anni). Al riguardo, l’Ateneo che risulta più remunerativo nel tempo è l’Università Cattolica del Sacro Cuore, con una crescita della retribuzione dell’82% dalla prima fascia (25-34 anni) all’ultima (45-54 anni). A seguire la LUISS (+73%), l’Università di Verona e la Bocconi (+71%), il Politecnico di Torino (+68%). In Sicilia, l’Università di Catania (+57%) si presenta nel tempo come più remunerativa rispetto a Palermo (+54%) e  Messina (+51%).

Inoltre, la composizione percentuale dei profili lavorativi per inquadramento e per ateneo evidenzia che chi consegue la laurea alla Bocconi fa il dirigente nel 19% dei casi, il quadro nel 30% e l’impiegato nel 51% dei casi. Chi, invece, si laurea a Catania è dirigente nel 5% dei casi, quadro nel 21% e impiegato nel 74% dei casi. Percentuale in più o in meno, la situazione è abbastanza analoga a quella dei laureati delle Università di Palermo e di Messina. Il dato non è facile da commentare. Al di là della normale vischiosità del mercato del lavoro, ci sono pure le differenze di competenze fra i profili, a parità di titolo di studio conseguito, e non mancano pure le discriminazioni.

Infine, il dato più interessante dell’University Report di Job Pricing, ovvero il payback index, cioè il numero di anni necessari per ripagare gli investimenti sostenuti. La metodologia di calcolo è abbastanza articolata perché prende in considerazione molte variabili: i costi universitari sostenuti dallo studente per completare un corso di studi in un arco standard di cinque anni (tasse universitarie, costi di materiale didattico, etc..); il mancato introito, ovvero la retribuzione che lo studente avrebbe guadagnato occupando un posto di lavoro a tempo pieno, anziché frequentare l’università; ancora il beneficio economico derivante dal possesso di un titolo di studio universitario e così via. Il payback index di un laureato italiano è pari a 15,8. In altri termini, per recuperare a livello economico il mancato guadagno e l’investimento fatto per completare il percorso di studi universitari sono mediamente necessari quasi 16 anni che diventano 17 se si considerano i costi fuori sede.

L’Ateneo più performante è il Politecnico di Milano (con 13 anni), seguito dalla Bocconi (13,5) e dal Politecnico di Torino (13,7). In fondo alla classifica Cagliari con un payback index di 18 anni. Palermo ha un payback index di 16 anni (che diventano 16,7 per i fuori sede); Catania di 16,8 anni (17,7 per i fuori sede), Messina di 17,8 anni (18,8 per i fuori sede). Ovviamente il payback di un singolo studente è decisamente maggiore in caso di prolungamento degli studi fuori corso, sia per le spese sostenute sia per il mancato introito di una retribuzione. Secondo Almalaurea, infatti, nel 2018 il 32,9% degli studenti laureati ha concluso il percorso di studi in ritardo di 1-2 anni, mentre il 13,5% addirittura era 3 anni o più fuori corso.

Terza ed ultima puntata. Clicca qui per le due precedenti, la prima e la seconda.    

Politecnico di milano è statale o privato

Quanto si paga al Politecnico di Milano?

Il contributo onnicomprensivo annuo è, di base, pari a 3.726,00 €.

Che differenza c'è tra un Politecnico e università?

La principale differenza è: l'indirizzo. Se all'università si ha la possibilità di studiare una vasta gamma di materie, da quelle linguistiche a quelle filosofiche, da quelle psicologiche fino a quelle economiche e architettoniche; al Politecnico si avranno solo materie ingegneristiche, architettoniche e informatiche.

Quanto costa ingegneria al Politecnico di Milano?

Tabella 3 - Contributo onnicomprensivo in base ai CFU e alla fascia di reddito.

Che facoltà ci sono al Politecnico di Milano?

Corsi di Laurea.
Design degli Interni (Milano Bovisa) IT..
Design del Prodotto Industriale (Milano Bovisa) IT..
Design della Comunicazione (Milano Bovisa) IT..
Design della Moda (Milano Bovisa) IT..
Ingegneria Aerospaziale (Milano Bovisa) IT..
Ingegneria Biomedica (Milano Leonardo) IT..
Ingegneria Chimica (Milano Leonardo) IT..