Come capire chi e il capobranco del cane

Come capire chi e il capobranco del cane

COME DIVENTARE IL "CAPOBRANCO" DEL NOSTRO CANE

EDUCAZIONE

L'ALIMENTAZIONE COME RITO DI RELAZIONE TRA UOMO E CANE. L'alimentazione rappresenta sicuramente un aspetto importante nella relazione fra cane e padrone e possiamo considerarla un termometro rispetto alla correttezza del rapporto. Infatti gli errori che si commettono proprio nel momento del pasto possono essere veramente tanti e tutti riconducibili ad una relazione cane-padrone non corretta. Siamo in grado di vedere il cane nel suo essere diverso da noi? Abbiamo un rapporto equilibrato con lui? Abbiamo maturato un'adeguata responsabilità nei sui confronti? La convivenza rende indispensabile l'assunzione di regole da mettere in atto nella quotidianità. Molteplici sono gli aspetti che perfezionano il rapporto: giocare con il cane, dargli una robusta e consolidata educazione, fare delle attività di collaborazione, evitare le morbosità e assumere un comportamento coerente con lui. Tra questi aspetti un ruolo centrale riguarda proprio l'alimentazione. Alimentare in modo corretto il proprio cane, sotto il profilo delle necessità nutrizionali e del rispetto della sua fisiologia, è certamente il modo più efficace per promuovere la sua salute nell'immediato e nel lungo termine. In questo senso preoccuparsi dell'alimentazione significa anche rinnovare quell'antico patto tra l'uomo e l'animale che è stato all'origine dell'addomesticamento. 1)ALIMENTAZIONE E CORRETTEZZA DEL RAPPORTO. Se l'atto alimentare rivela il carattere della relazione, è evidente che può diventare una cartina di tornasole per comprendere altri aspetti del rapporto tra proprietario e cane che puntualmente hanno riflessi nella vita del pet. Facciamo qualche esempio. Nella tendenza a dare i resti del proprio pasto al cane, di allungargli qualcosa durante il pranzo, di comprendere pane o dolcetti nella sua dieta si può nascondere una scarsa comprensione della sua diversità, un problema che ovviamente non rimane confinato alla nutrizione. Umanizzare il cane significa infatti rivolgersi a lui in modo scorretto, anche se in buona fede, e spesso questo è fonte di sofferenza per il cane. Allo stesso modo un'esagerata attenzione verso la sua assunzione di cibo, continuare a dargli bocconcini, preoccuparsi se non mangia tutto, porgergli il cibo con le mani, è indice di un atteggiamento fortemente improntato su tendenze materne, sovente con conseguenti alterazioni del comportamento sociale del cane. Quest'ultimo infatti, trascorsi i primi sei mesi, non si sente più un cucciolo, quindi rivolgersi a lui in modo “materno” dà origine a non pochi malintesi. Al contrario, la scarsa considerazione di sintomi facilmente collegabili all'alimentazione, per esempio uno stato di eccessiva magrezza o di obesità, un problema nella defecazione o nella consistenza delle feci, può essere segno di un basso livello di responsabilità verso il cane. Talvolta le persone pensano che il cane debba già sentirsi fortunato ad avere un tetto e un pasto giornaliero, dimenticando che un animale in natura può scegliere il suo cibo anche sulla base delle esigenze momentanee mentre il nostro cane dipende totalmente da noi. Un atto alimentare scorretto potrebbe perciò indicare una relazione che presenta delle aree critiche o perché il proprietario possiede una scarsa consapevolezza su cosa significhi concretamente vivere con un cane oppure perché non ha maturato un'adeguata responsabilità nella cura e nell'accudimento del proprio pet. Molto spesso il disagio del cane è il frutto di interazioni sbagliate, ma purtroppo non è sempre facile convincere la persona a cambiare il proprio stile di relazione. Agire sul momento dell'alimentazione è molto più semplice: ciascuno di noi è più predisposto a rivedere questo rituale e impostarlo secondo regole ben precise. Lavorare sull'atto alimentare consente pertanto di modificare e migliorare la relazione anche per aspetti che vanno aldilà dell'alimentazione stessa. Come si è detto tale momento può essere esagerato nell'attenzione che gli viene data assumendo un non corretto “profilo materno” o, se dato per scontato, può diventare persino troppo tecnico. Modificare l'atto alimentare significa mettersi in discussione o comunque aprirsi a nuove prospettive di incontro con il cane. Spesso intervenire sul momento del pasto significa vedere il cane sotto una luce nuova, capace di porre in evidenza significati precedentemente offuscati da pregiudizi o negligenze. E' come se di colpo la persona incontrasse il suo cane per la prima volta accorgendosi degli errori commessi e delle opportunità perdute. Di norma una relazione inadeguata non è solo scorretta ma anche povera, cioè non sviluppata in tutti gli ambiti che potrebbe. 2)IL RITO ALIMENTARE E IL CANE. Per il nostro cane il momento del pasto è una vera e propria liturgia intorno a cui convergono diversi aspetti che vanno conosciuti se vogliamo instaurare con lui un buon rapporto. Come prima cosa è necessario sapere che il momento alimentare è per il cane un cerimoniale sociale che ha che fare in modo diretto con il suo profilo etologico; questo significa che il nostro piccolo amico si fa un'idea del gruppo(ruoli,gerarchie,coesione)dal modo in cui si svolge il rituale dell'alimentazione. Le regole però sono estremamente diverse nel mondo degli uomini(dove ci si alimenta in modo conviviale)da quello dei cani,(dove si devono seguire dei turni organizzati secondo gerarchie). Un errore nel corretto svolgimento del cerimoniale sociale può, di conseguenza,dare al cane un'idea sbagliata del proprio posto all'interno del gruppo e quindi dei problemi nella sua gestione. Il cane non deve mai sospettare che noi stiamo aspettando che lui finisca per potere a nostra volta desinare, per questo occorre evitare di stazionare nei pressi della ciotola mentre sta mangiando, ne dobbiamo fargli credere che in qualunque momento lui può interrompere il nostro pasto per pretendere del cibo. Come secondo aspetto è indispensabile ricordare che il cane è un animale abitudinario, quindi si aspetta delle regole e delle consuetudini. Una volta che tali abitudini sono state acquisite vengono riproposte dal cane in qualunque situazione: non dobbiamo pertanto meravigliarci se il nostro cane, abituato a ricevere bocconi durante il nostro pasto, andrà poi ad elemosinare del cibo verso estranei che stanno mangiando al parco o ai tavolini del ristorante. Inoltre se queste consuetudini non sono rispettate si può determinare nel soggetto uno stato di forte disagio, con disturbi di diverso tipo. Orari, situazioni, rituali vanno a costituire dei segnali che accendono le sue aspettative e il cane si predispone all'evento alimentare; se ciò non accade è come se il suo organismo dovesse in qualche modo riorganizzare tutta la sua fisiologia. Dopo mangiato e buona regola fare una passeggiata, anche perché è proprio questo momento che il cane è stimolato a fare i suoi bisogni. Bisogna tuttavia avere l'accortezza di non far correre o saltare proprio cane dopo un'abbondante pasto perché potrebbe incorrere nella torsione dello stomaco, una patologia molto pericolosa per lui che richiede l'immediato intervento del veterinario. Inoltre è importante sapere che, oltre alle carezze e alla nostra attenzione, il cibo rappresenta un premio per il cane, strettamente riconducibile al rapporto con noi. Ciò significa che, attraverso il bocconcino, è possibile rinforzare comportamenti corretti ma anche atteggiamenti sbagliati. Dobbiamo pertanto fare molta attenzione al momento in cui stiamo dando un bocconcino al nostro cane, perché sicuramente egli poi riproporrà quello che stava facendo allorché glielo abbiamo offerto. Attraverso il bocconcino è possibile insegnare molte cose al nostro quattrozampe, come il seduto, il terra, e il resta, ma ancor prima possiamo educarlo a starci vicino, a ritornare quando lo chiamiamo e a rivolgersi a noi quando vuole qualcosa. Il patto alimentare può diventare pertanto il primo motore della relazione, ma è necessario avere avere alcune precauzioni: -la prima è che il bocconcino non va esibito come un'esca se non vogliamo focalizzare l'interesse del cane sul cibo e non su di noi. Il bocconcino deve essere un premio che arriva allorché il cane si è rivolto a noi. -la seconda è quella di evitare l'eccessiva ripetitività della situazione una volta che l'esercizio è stato imparato, evitando di diventare dei dispenser di bocconcini. Lo si può fare alternando al bocconcino la carezza o un'attività di gioco oppure semplicemente non premiando tutte le volte che lui ritorna. 3)DALLA CONSAPEVOLEZZA ALLA RESPONSABILITA'. Quando parliamo di consapevolezza di relazione ci riferiamo all'importanza che ha il fatto che il proprietario metta in rilievo le peculiarità di specie, vale a dire informarsi e correlare le proprie azioni sulla specificità del suo quattrozampe, mettendosi in discussione ed evitando di umanizzarlo. Un rapporto è tanto più consapevole quanto maggiore è l'impegno profuso nella relazione, aspetto che implica la necessità di aumentare la propria conoscenza rispetto alle caratteristiche del cane e il desiderio di portare la relazione all'eccellenza, apportandole valore giorno dopo giorno. Spesso le persone non si rendono conto che il cane è diverso da loro, ha esigenze e orientamenti peculiari, sovente non sovrapponibili a quelli umani. Una buona relazione richiede umiltà e curiosità, voglia cioè di incontrare il cane nella sua pienezza e autenticità, proprio per porre il rapporto nelle migliori condizioni per potersi esprimere. Un indicatore di consapevolezza può essere per esempio l'abitudine del proprietario a non utilizzare mai il resto del proprio pasto come cibo per il cane o ad allungare qualche boccone dalla sua tavola , avendo compreso che la diversità fisiologica del cane richiede una dieta specifica per lui. Mi rendo conto che non è facile, in fondo è molto più diretto immedesimarsi, e poi quasi sempre i cani sembrano in effetti preferire il nostro cibo. Ma il perché è abbastanza semplice: come animale sociale il cane si orienta su ciò a cui il gruppo attribuisce importanza e questo peraltro è il motivo che lo porta a preferire come oggetto da mordere il telecomando o le ciabatte piuttosto che i suoi giocattoli di gomma. Se date da mangiare contemporaneamente a due cani vedrete che con molta facilità alla fine l'uno andrà a leccare la ciotola dell'altro. La socialità esagerata del cane spinge l'acceleratore nelle aree dell'imitazione e della competizione oltre che in quelle collaborative. Una buona consapevolezza di relazione indica l'impegno che proprietario è disposto a mettere nel suo rapporto con il cane, un aspetto che è direttamente proporzionale al valore attribuito non solo al cane ma alla relazione stessa. Se questa consapevolezza è presente, il proprietario non si lascia andare a tutto quello che gli passa per la testa, lanciando cioccolatini al cane, imboccandolo col cucchiaio, sottoponendolo a continue sollecitazioni alimentari; non utilizza l'atto alimentare come scusa per assecondare le proprie egoistiche tendenze, ma cerca di informarsi, si mette in discussione, scegli il cibo adeguato e le modalità opportune per somministrarglielo. L'attenzione alimentare riflette altresì il grado di responsabilità del proprietario verso la salute del proprio pet, nel senso di assicurarsi della regolarità dell'assunzione e delle conseguenze immediatamente constatabili, per esempio la lucentezza del mantello e la consistenza delle feci. La responsabilità della cura e del benessere è un aspetto importante per qualificare l'adeguatezza del rapporto. La responsabilità non dovrebbe essere vissuta come un obbligo ma come un sentire. Quando si adotta un cane si deve accettare il fatto che d'ora innanzi lui dipenderà da noi in tutto e per tutto e non per un periodo limitato di tempo ma per il resto della sua esistenza. L'alimentazione come atto quotidiano in qualche modo riassume quest'assunzione di un vincolo che ci chiede dedizione e costanza. Ma la responsabilità nell'ambito nutrizionale non riguarda solo il momento della preparazione del cibo bensì tutti gli eventi riconducibili alla fisiologia alimentare: dal monitoraggio del mantello alla capacità di rilevare alterazioni dell'alito. Orbene, lavorare sulla responsabilità alimentare significa comunque rafforzare l'attenzione del proprietario in tutte le attività di cura e accudimento del cane. 4)Avere una relazione equilibrata. Spesso ci si sente accusare di avere con il proprio pet una relazione eccessivamente morbosa, ma cosa significa e quando possiamo dire di vivere una relazione equilibrata? Innanzitutto va detto che la relazione può dirsi equilibrata quando i patner si trovano in una condizione libera di rapporto, vale a dire che nessuno dei due si trova costretto in una parte che vorrebbe evitare. Una condizione è libera pertanto se uomo e cane giocano quando ne hanno voglia, interscambiano affettuosità in modo reciproco, sono disponibili a compiere insieme un gran numero di attività e, viceversa. Parliamo di squilibrio nella relazione allorché uno dei due, in genere il cane, deve recitare costantemente lo stesso ruolo. Questa costrizione di ruolo [ per qualcuno il cane è un figlio, per un altro è una base sicura, per un' altro ancora è un giocattolo ] non è affatto infrequente anche perché le persone non si rendono conto che il cane non è un oggetto di cui disporre a piacimento bensì un soggetto che richiede di vivere un orizzonte di relazioni quanto più ampio possibile. Se il cane trova questo spazio di relazione limitato a un solo ruolo ovviamente andrà incontro una situazione carenziale: già, perché non abbiamo solo carenze nutrizionali ma anche relazionali e questo vale soprattutto per il cane che può essere considerato un animale sociale per eccellenza. Una relazione è quindi equilibrata se il cane può interpretare un gran numero di ruoli all'interno del gruppo famiglia e così ogni tanto può essere il compagno di gioco, altre volte il partner che collabora con noi, altre ancora il piccolo bisognoso di cura e protezione oppure la base sicura capace di darci conferme affettive. Questa molteplicità di ruoli non darà vita ad eccessi e morbosità in noi e non creerà delle carenze relazionali in lui. In generale il rapporto sarà molto più forte e stabile proprio perché espresso in tante attività e situazioni differenti. Ancora una volta l'alimentazione può diventare una spia molto efficace per rilevare situazioni di disequilibrio relazionale. Prendiamo per esempio il caso di un eccesso di attribuzione filiale al pet, situazione tutt'altro che rara nel rapporto con il cane tipico della cultura urbana, con il proprietario che si rivolge a lui sentendosi un eterno genitore. In questa situazione il proprietario vede nel cane un piccolino che ha bisogno di essere accudito, anche quando il cane ha raggiunto l'età adulta, e si rapporta a lui quasi esclusivamente attraverso attività parentali. Non dobbiamo ignorare il fatto che il cane diventa spesso per il proprietario il modo per sfogare il proprio desiderio di prendersi cura di qualcuno ricevendo quindi un corrispettivo di piaceri in queste attività. Niente di male peraltro avere anche questo tipo di interazione con il cane, a patto tuttavia che questo ruolo non sia l'unico perché altrimenti tutto il rapporto sarà molto povero e a rimetterci maggiormente sarà proprio il cane. Spesso i “maltrattamenti” passano attraverso carezze e bocconcini e purtroppo senza che i proprietari ne siano consapevoli: la letteratura riporta casi di persone che hanno compromesso gravemente la salute del proprio cane perché abituati ad alimentarlo con alimenti assolutamente nocivi per lui (es. dolci, cioccolato etc...). Un cane eterno bambino non verrà inoltre sollecitato nelle attività collaborative, non sarà considerato per quanto concerne gli aspetti sociali e spesso gli verranno preclusi gli incontri sociali con altri cani perché il proprietario tenderà ad iperproteggerlo. Il cibo diventerà per i proprietari una vera e propria mania: essi si convinceranno che il cane non mangia mai abbastanza e ci sarà una forte tentazione ad imboccarlo. Un'altra situazione abbastanza frequente e quella del cane che assume un ruolo di rassicurazione per il proprietario quale fonte affettiva o base sicura. In questo caso la situazione è speculare a quella precedente ed è il proprietario che chiede al cane, in un certo senso, di prendersi cura di lui. Il cibo allora diviene un modo per avere ossessivamente le attenzioni del cane, perché attraverso le feste, le affettuosità, la vicinanza, il contatto la persona riceve quelle conferme di cui ha tanto bisogno. Ancora una volta ci troviamo di fronte a una situazione che non è problematica in sé ma diviene critica nella sua unicità espressiva: il cane è letteralmente subissato di richieste affettive e sovente tende a ribellarsi attraverso atteggiamenti di irritazione o di distacco, ma questo aumenta nel proprietario la morbosità della richiesta affettiva in un corto circuito di difficile soluzione. Alcuni cani che già manifestano un carattere “forte” possono interpretare questa continua richiesta di attenzione da parte del proprietario come un bisogno di essere protetto arrivando ad assumere una posizione di leader che comporta poi difficoltà di gestione del cane. Come dicevo, il cibo assume un profilo tutt'altro che marginale in queste situazioni perché diviene in un certo senso il denaro attraverso cui il proprietario cerca di comprare la propria insaziabile fame di attenzioni da parte del cane. In questi casi è molto probabile che il cane possa diventare obeso e venga alimentato con dolcetti o altri alimenti assolutamente inappropriati proprio perché il cibo è utilizzato come esca e come ricompensa. Esiste poi un altro tipo di approccio al cane e al rito alimentare che può dar luogo a problemi relazionali, anche se per ragioni inverse alle due tipologie su esposte, ed è quello che definisco come modalità tecnicista di affrontare l'ambito dell'alimentazione del cane. In questo caso il proprietario non tiene conto del significato sociale e relazionale del momento del pasto del proprio animale perché esclusivamente orientato e concentrato sugli aspetti nutrizionali. Ci troviamo di fronte a un approccio molto freddo e distaccato, negligente sull'importanza del rito alimentare come momento di incontro con il cane. L'approccio tecnicista e riscontrabile laddove prevale nel proprietario una considerazione estetica del cane, vale a dire che si vuole esibire proprio cane in pubblico o alle mostre, oppure in chi ha una visione performativa del cane, ovvero ritiene il proprio animale come strumento per ottenere particolari prestazioni per esibirle. Sia chiaro non c'è nulla di male nell'avere anche questi approcci, ma come al solito è l'eccesso e l'esclusività dell'attribuzione che compromette l'insieme della relazione. Non è infrequente che in questi casi il cane sia sottoposto ad un regime interattivo deficitario nell'ambito del gioco e dell'affettività e, viceversa, eccessivo nell'ambito performativo. Questo determina nel cane un carico d'ansia che si ripercuote sia sul profilo comportamentale che sulla stessa fisiologia digestiva. Ancora una volta è necessario sottolineare come sia indispensabile che il proprietario abbia equilibrio nel suo rapporto con il cane e non dia sfogo a tutte le sue proiezioni e aspettative; il cane tende infatti ad assecondarci e a non darci dei limiti, ma paga a caro prezzo il nostro egoismo. 5)Assumere la leadership mangiando. L'atto alimentare per il nostro piccolo amico non è soltanto il momento attraverso cui soddisfare il proprio appetito e assolvere i bisogni fisiologici, ma rappresenta un vero e proprio rituale nel quale lui rinnova il suo legame con il gruppo familiare e assume un posizionamento sociale. In altre parole l'atto alimentare è un indicatore di non poca rilevanza per stabilire le gerarchie e i rispettivi ruoli, aspetti vitali nel suo sentire in modo collettivo. La famiglia per il cane non è un semplice nucleo di convivenza ma un gruppo operativo che richiede assunzioni di ruoli, capacità di concertazione, grandi intese tra i membri, consolidati schemi di azione e necessariamente un coordinatore del gruppo, vale a dire una guida capace ad un tempo di organizzare le attività di squadra e preoccuparsi della coesione e tutela di questa collettività di affiliati. Per il cane è perciò importante sapere se il suo ruolo è quello di proteggere il gruppo e di gestirlo in tutte le attività o se, viceversa, è il gruppo che si prende cura di lui. Molti pensano che la leadership nel cane sia una questione di dominanza e di privilegi, in realtà l'alto posizionamento gerarchico nel mondo dei lupi ha ben pochi privilegi, significa prendere l'iniziativa, coordinare il proprio branco, guidarlo e proteggerlo per il bene comune. Insomma è questione basilare che ad assolvere tale compito oneroso e delicato sia l'individuo più capace e più saggio, non necessariamente il più forte. Ora, se è il cane ad assumere la leadership, non solo sarà molto difficile per noi gestirlo, poiché pretenderà a ragione di essere lui a condurre la famiglia, ma anche il suo benessere verrà compromesso. Già, perché la leadership del gruppo implica più responsabilità che privilegi: infatti il dover condurre la squadra e difenderla in un mondo complesso, quale può essere quello di una città, inevitabilmente gli provoca uno stato di ansia permanente. Dobbiamo capire che il cane, una volta entrato nell'età adolescenziale (vale a dire intorno al sesto mese di vita) non si sente più un piccolo ma un adulto, o comunque un aspirante tale, in cerca di un ruolo all'interno del gruppo. Questo significa che molti atteggiamenti genitoriali nei confronti del cane, soprattutto per quanto riguarda l'alimentazione, possono essere equivocati. Da questo momento in poi il cane non si presenta al banchetto da cucciolo, ossia chiedendo cura e protezione, bensì con il proposito di iniziare a ricavarsi un proprio spazio sociale. È peraltro ciò che fa qualunque adolescente, per lui è indispensabile in questa fase della vita assumere un ruolo ed un rango. Nel caso del rapporto con il cane, il problema della difficoltà nella percezione del passaggio a giovane adulto è forse da imputare al fatto che questa adolescenza arriva troppo in fretta: qualche mese e dobbiamo dimenticarci di avere a che fare con un cucciolo. Certo non diminuirà la sua giocosità, quei comportamenti buffi e pieni di vitalità che caratterizzano il mondo dei cuccioli, e tuttavia il nostro quattrozampe comincerà a manifestare anche altri atteggiamenti che vanno considerati a tutti gli effetti delle prove per entrare nel mondo degli adulti ben equipaggiati sotto il profilo sociale. Ma vediamo in pratica come il nostro modo di alimentare il cane si presti a creare dei fraintendimenti. Innanzitutto va detto che nel mondo dei lupi il rituale alimentare si svolge attraverso dei turni e non in convivio come nel nostro caso: in famiglia si mangia tutti insieme e appartarsi per desinare è indice di scarsa socialità. Niente di tutto questo nell'universo canino che, viceversa, richiede discrezione, per cui rispettare i turni e la privacy è indice di buona socializzazione. Nel progenitore del cane, il lupo, esiste una precisa gerarchia di accesso al cibo con il leader che per primo si alimenta indisturbato e senza particolare fretta ed ingordigia, lasciando poi agli altri il banchetto. La sequenza dei turni è perciò indicativa del rango del soggetto all'interno del branco, soprattutto per quei soggetti che già presentano una tendenza assertiva o in quelle situazioni dove sussistano altri indizi di leadership, come il prendere le iniziative, controllare l'ambiente domestico, gestire le risorse. E' allora che anche l'alimentazione può essere indiziaria di leadership per il cane, se per esempio gli daremo da mangiare e poi procederemo noi a desinare. Sarebbe pertanto una buona norma separare il pasto del cane dal nostro, ovvero non dar luogo a commistione tra i due momenti; basta solo frapporre una ventina di minuti tra i due eventi. D'altro canto non è solo la sequenza temporale di accesso al cibo che può dar luogo a fraintendimenti di ruolo e di rango, ma è tutto lo svolgimento del rituale che deve essere condotto secondo regole precise. Esiste cioè un modo corretto per dargli il cibo ed evitare di creare confusioni di posizionamento. MODALITA' CORRETTA DI ALIMENTARE IL CANE - Prima di tutto abituiamolo fin da cucciolo ad aspettare quando ci abbassiamo per porre la ciotola per terra, in modo tale da evitare l'ambiguità che sia lui a prendere il cibo e non noi a darglielo. - Una volta appoggiata la ciotola a terra gli proporremo il segnale di accesso con un “vai”. Quest'esercizio è molto importante per due motivi: il primo, lo abbiamo detto, riguarda la chiarezza con cui indichiamo al cane che siamo noi a permettergli l'accesso e non lui a imporcelo;il secondo riguarda l'autocontrollo ,una qualità importante nel cane, preziosa in tantissime situazioni e costruita con diversi esercizi, tra cui il più conosciuto e il “resta”. Anche se è possibile insegnare ad aspettare anche ad un cane adulto, è comunque essenziale che il proprietario inizi questa consuetudine fin da cucciolo proprio per introdurre l'inserimento del cane in famiglia. Anche le fasi successive sono strategiche per un buon posizionamento sociale del cane. - Dopo avergli dato il segnale di libero accesso al cibo, non bisogna sostare nei pressi della ciotola per assicurarsi in maniera materna che lui consumi tutto, perché potrebbe essere interpretato come un'attesa del nostro turno. Noi ci preoccupiamo che lui finisca tutta la pappa, lui ci avverte come sottoposti che stanno attendendo per desinare a loro volta. Quindi una volta dato il segnale del “vai” e il cane inizia il suo pasto la cosa migliore è lasciarlo mangiare in pace. Evitiamo di essere ossessivi con il cibo, una temporanea inappetenza non è la fine del mondo e spesso l'accesso disinteressato al cibo ha proprio a che fare con il rango percepito dal cane all'interno della famiglia. Talvolta un cane che ha assunto la leadership nel gruppo umano, e non è un caso così infrequente come si potrebbe pensare, in modo coerente con quanto vige nei suoi progenitori lupi, può manifestare un comportamento di scarso interesse al cibo, quasi di inappetenza. Il cane si avvicina alla ciotola,fiuta il cibo quasi con superiorità, ne assaggia un po', poi si allontana dalla ciotola per ritornarci successivamente. L'errore che potremmo fare è quello di cercare di richiamarlo nei pressi della ciotola affinché riprenda a mangiare, magari porgendogli la pappa con le mani: andremo infatti a consolidare la sua leadership e conseguentemente l'apparente disinteresse al cibo. La scelta migliore sarà quella di portare via la ciotola e ripresentargliela al pasto successivo. -Un'altra regola fondamentale è quella di non dare mai bocconi al cane durante il nostro pranzo anche se, come abbiamo detto, il cane manifesta interesse al nostro cibo e non tanto per questioni di gusto (ma è pur vero che noi esageriamo negli alimenti con il dolce e salato) quanto soprattutto per ragioni sociali. Ad ogni modo evitiamo di farlo per molte ragioni che hanno a che fare con il suo benessere. Il primo motivo è che alla nostra tavola è presente un cibo che non è assolutamente adatto ai suoi bisogni alimentari. Il secondo riguarda ancora una volta il problema del posizionamento gerarchico; infatti è proprio il leader che può chiedere agli altri membri del gruppo di dargli un po' di cibo interrompendo il loro pasto in qualunque momento. - Evitiamo di impostare delle consuetudini che non possiamo mantenere. L'abitudine di elemosinare cibo alla nostra tavola può creare situazioni difficili soprattutto quando ci troviamo in luoghi pubblici oppure quando abbiamo ospiti in casa. Con il cane occorre essere coerenti e non è giusto nei suoi confronti ogni tanto dargli la possibilità di mangiare un po' del nostro cibo e ogni tanto invece scacciarlo in malo modo. 6) Cibo e gioco. Pochi sanno che il cibo può essere anche un importante stimolo di gioco e soprattutto che si possono fare attività ludiche diverse dal consueto riporto del bastoncino o del rincorrere una palla, del “prova a prendermi” o del “tira e molla”. Tutti questi giochi sono impostati sulla percezione visiva e non sono completi per il cucciolo, vale a dire pienamente adeguati al suo sviluppo. I giochi infatti rappresentano una palestra per costruire il carattere del cane e per trasformare le vocazioni del soggetto in competenze e attitudini da spendere nelle attività quotidiane. Spesso i proprietari tendono ad assecondare i giochi proposti dal cucciolo e a farlo senza impostare nel gioco delle regole precise, con il risultato tutt'altro che positivo di radicare certi atteggiamenti che non sono stati specificatamente e consapevolmente voluti. Qualche esempio può chiarire questo problema. Ogni razza tende ad avere delle disposizioni ludiche specifiche, un border collie sarà portato a proporre giochi predatori come correre dietro a un oggetto in movimento mentre un rottweiler riproporrà giochi competitivi come il “tira e molla”. Se al nostro border collie faremo fare solo questo tipo di gioco, realizzato con bastoncini, riportelli, palline, sassi, lui da adulto cercherà gratificazione facendo quasi esclusivamente questo tipo di attività. Ecco allora che egli tenderà a mettere in atto comportamenti predatori nei confronti di biciclette, bambini che corrono, automobili, altri animali. Se allo stesso modo asseconderemo il nostro rottweiler nel gioco competitivo applicando il tira e molla a stracci, bastoni, nostri indumenti e via dicendo, lui da adulto cercherà soddisfazione nel prendere e strappare, non importa se a farne le spese è il nostro vestito, il bambino tenuto in braccio o la gamba di uno che sta facendo jogging. Pertanto non bisogna assecondare le disposizioni ludiche ma disciplinarle dandogli delle regole: un modo, un contesto, un target. Parallelamente è importante impostare altre tipologie di gioco in modo tale da dare un ampio bagaglio di competenze comportamentali al nostro cane. Il problema è che alcuni proprietari non considerano il gioco con il cane come esercizio educativo ma come semplice distrazione, inoltre a mancare è la fantasia e la conoscenza rispetto alla moltitudine di giochi che possono essere fatti con il proprio quattrozampe. Molti giochi che normalmente vengono ignorati hanno invece un'importanza fondamentale nello sviluppo mentale del cane, talvolta lo calmano talaltra lo aiutano a superare momenti di ansia. Un esempio sono i giochi di ricerca che si possono effettuare utilizzando premi alimentari come qualche bocconcino gustoso. Una regola: ogni gioco ha un suo modo di svolgimento e una sua difficoltà, quindi occorre sempre procedere con gradualità. Il gioco di ricerca potrebbe essere iniziato in casa lanciando due o tre bocconcini per terra e chiedendo al cane di cercare, quindi è possibile rendere questo gioco un po' più complesso lanciando i bocconcini in un unico punto ma sull'erba, per poi renderlo ancora più difficile lanciando a raggiera i bocconcini in uno spazio più ampio. I giochi di ricerca possono essere fatti anche nascondendo un bocconcino in un angolo della casa chiedendo poi al cane di cercarlo, il secondo passo consiste nel nascondere un bocconcino in un posto esterno o dare luogo a un vero proprio percorso di ricerca. Il gioco di ricerca affina le capacità olfattiva del cane, lo aiuta a calmarsi e gli dà anche molta soddisfazione perché lavora sulle sue qualità percettive. Anche noi con questo gioco impariamo a capire meglio il cane. Esistono poi i giochi cognitivi, quelli cioè che aumentano le capacità mentali del cane e gli danno una maggiore flessibilità nel comportamento nonché gli accrescono le attitudini all'apprendimento. Un esempio di giochi cognitivi sono i giochi di memoria: si mostra al cane il posto dove si è messo il bocconcino, poi lo si porta fuori dalla stanza per circa due minuti, quindi gli si dà la possibilità di andare a riprendere il bocconcino. Il gioco di memoria può essere reso sempre più complesso, vale a dire potenziare le sue facoltà mnemoniche aumentando il tempo di attesa. Un'altra categoria di giochi cognitivi sono i giochi solutivi, ovvero che chiedono al cane di inventare una strategia per raggiungere l'agognato bocconcino. Quest'ultimo può essere nascosto sotto una ciotola, che il cane deve imparare ad alzare con la bocca o a spostare con la zampa. Ma le varianti in questo gioco sono pressoché infinite: dal metterlo sotto un tavolo basso in modo che egli debba sforzarsi con le zampe anteriori per estrarlo al posizionarlo dietro un ostacolo pur mantenendolo in vista e chiedere al cane di aggirare l'ostacolo per raggiungerlo. Un'altra tipologia di giochi sono i passatempi ovvero quelle attività ludiche che non richiedono il completo coinvolgimento del corpo, dalla palla che rilascia bocconcini al kong che viene riempito di cibo che poi il cane deve estrarre lentamente. Questi giochi aiutano il cane a rilassarsi ed è importante che il proprietario abitui il cucciolo a queste attività perché gli danno autonomia, vale a dire che sono in grado di distrarre il cane e tenerlo occupato e evitando l'ipercinesi (eccessiva agitazione). Se il cane si abitua fin da cucciolo a passare un po' del suo tempo tranquillo nella sua cuccia a fare giochi di questo tipo avremo una freccia in più nel nostro arco per dargli serenità nei momenti in cui siamo fuori casa. 7)CONCLUDENDO. SI È SOTTOLINEATO QUANTO SIA IMPORTANTE STABILIRE UN CORRETTO RAPPORTO UOMO ANIMALE ATTRAVERSO LA GESTIONE DELL'ALIMENTAZIONE. QUESTA, CON PICCOLI ACCORGIMENTI, PUÒ ESSERE VERAMENTE EFFICACE PER STABILIRE UN'EQUILIBRATA RELAZIONE CANE-PADRONE.

Come capire a chi è più legato il cane?

Tra i cani che mostrano una preferenza verso uno dei “familiari”, la maggioranza preferisce la persona che si prende cura di loro quasi esclusivamente. Secondo i dati esaminati dallo studio, Fido preferisce la persona che in famiglia si occupa delle passeggiate e del cibo o delle passeggiate e del gioco.

Quando il cane sceglie il padrone?

Come capire se il cane ti ha scelto come padrone: i segnali risponde quando lo chiami: se lo nomini ti guarda o si avvicina velocemente; sceglie di seguire te: se deve decidere chi seguire sceglie di venire con te piuttosto che con qualcun altro; si lascia fare da te ciò che non si lascia fare da altre persone.

Come stabilire la gerarchia con il cane?

Se il cane risponde bene ricordati di premiarlo sempre, in modo che capisca che può ottenere lodi e cibo se resta in quel determinato luogo o se non ha più quel determinato atteggiamento. Dovrai essere tu a decidere quando uscire per la passeggiata e quando no, non far scegliere a lui.

Come sgridare il cane quando fa danni?

Associa anche una comunicazione manuale. È necessario sgridare il cane e affermare “basta” con convinzione, associando anche una comunicazione chiara manuale. Ad esempio, puoi utilizzare con delicatezza, una mano e interagire sul collo del cane quando l'errore è realmente importante.