Pensione minima, novità dal 1° gennaio 2022: cambia l’importo di riferimento del trattamento minimo e della relativa integrazione.
Questo non significa che non ci saranno pensioni d’importo inferiore a quello del trattamento minimo: come vedremo di seguito, infatti, l’integrazione opera in maniera differente nel caso in cui il pensionato disponga di altri redditi. Quel che è importante sottolineare è che dal 1° gennaio 2022 ci sarà un aumento della cosiddetta pensione minima, parametro di riferimento anche per altre prestazioni: l’incremento è merito della rivalutazione che dal 1° gennaio 2022 interesserà tutti i trattamenti previdenziali e assistenziali riconosciuti dall’INPS, i quali verranno adeguati al costo della vita.
Partendo dalle ultime novità, ecco tutto quello che serve sapere sul trattamento minimo di pensione - e la relativa integrazione - in vigore dal 1° gennaio come risultato dall’applicazione del tasso di perequazione.
Trattamento minimo di pensione: l’importo dal 1° gennaio 2022
Dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021 l’importo di quella che impropriamente viene chiamata pensione minima è pari a 515,58€, 6.702,54€ l’anno. Su questo importo, però, si applica un incremento dell’1,7% per il periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022: è questo, infatti, il tasso di rivalutazione rilevato dall’ISTAT e confermato dal Ministero dell’Economia con apposito decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Risultato di questa rivalutazione, che per gli assegni d’importo mensile inferiore alle quattro volte il trattamento minimo sarà al 100%, è una pensione minima che dal 1° gennaio 2022 ha un importo pari a: 524,34€ mensili, 6.816,42€ l’anno.
Trattamento minimo di pensione: come funziona l’integrazione nel 2022
Come anticipato, fissare un importo minimo di pensione non sta a significare che non ci sarà alcun pensionato che andrà a percepire una pensione più bassa. È vero, infatti, che il nostro ordinamento riconosce un’integrazione fino al raggiungimento della soglia minima di pensione, ma va sottolineato che questa segue delle particolari regole.
Intanto è bene partire dal sottolineare che non hanno diritto all’integrazione del trattamento minimo della pensione coloro che rientrano interamente nel sistema di calcolo contributivo.
Per avere diritto all’integrazione, poi, il pensionato deve anche soddisfare dei requisiti reddituali. Per valutare la misura dell’integrazione, infatti, si prendono in considerazione tutti i redditi del pensionato e non solo quelli da pensione: a tal proposito, viene stabilito che l’integrazione è piena solamente quando i redditi del pensionato non superano l’importo dell trattamento minimo annuo, 6.816,42€.
Spetta, invece, un’integrazione parziale quando, pur con un reddito sopra la suddetta soglia, non si va oltre due volte il trattamento minimo, 13.632,84€. In tal caso l’integrazione mensile si applica utilizzando la seguente formula:
(Due volte il trattamento minimo annuo - Reddito annuo del pensionato)/13
Prendiamo come esempio un pensionato con pensione annua di 3.250,00€, 250,00€ al mese. Questo non ha altri redditi, dunque il suo reddito annuo coincide con l’importo annuo della pensione.
Di conseguenza spetta un’integrazione mensile piena di 274,34€, arrivando così all’importo della pensione minima di 524,34€.
Prendiamo adesso un altro pensionato, titolare di un assegno di 150,00€ ma in possesso anche di altri redditi. Nel dettaglio, il suo reddito annuo è pari a 10.000,00€, quindi l’integrazione spettante ammonta a 279,44€ mensili; di conseguenza, la pensione percepita viene incrementata fino a salire a 429,44€, comunque sotto l’importo della pensione minima.
Questo vale per il pensionato non coniugato. Diversamente, per la valutazione dei requisiti bisogna guardare alla data di decorrenza della pensione: nel dettaglio, quando questa ha decorrenza prima del 1994 i redditi coniugali sono del tutto irrilevanti e non entrano in considerazione. Per le pensioni riconosciute successivamente, invece, l’integrazione spetta quando:
- il reddito annuo del pensionato non supera i 13.632,84€;
- il reddito annuo coniugale non supera di quattro volte il trattamento minimo, restando dunque sotto la soglia di 27.265,68€.
Trattamento minimo 2022: come cambia l’accesso alla pensione
Il trattamento minimo influisce, in alcuni casi, anche sull’accesso alla pensione. Due misure, infatti, richiedono - oltre a un requisito anagrafico e a un altro contributivo - di soddisfare un requisito economico per potervi accedere.
È il caso, ad esempio, della pensione di vecchiaia dove viene previsto che i contributivi puri possono smettere di lavorare a 67 anni di età e 20 anni di contributi solo quando l’assegno maturato ha un importo pari o superiore a 1,5 volte il trattamento minimo. Nel 2022, quindi, la soglia di riferimento è di 10.224,63€.
Sempre i contributivi puri, poi, possono accedere alla pensione anticipata a loro riservata all’età di 64 anni e 20 anni di contributi, ma solo quando la pensione maturata è pari o superiore a 2,8 volte il trattamento minimo, 19.085,97€ per il 2022.