Ho un giorno di ritardo posso essere incinta

Le mestruazioni hanno qualche giorno di ritardo, compare la nausea, l'umore non è più lo stesso... la prima domanda che ci si pone (soprattutto in caso di un ritardo nel ciclo mestruale) è: "sono incinta?". Ma cosa succede nel corpo della donna quando avviene il concepimento? La cellula uovo fecondata, chiamata embrione nelle prime 8 settimane dopo il concepimento e feto nelle settimane successive, si annida nella parete uterina, dove cresce e si sviluppa per 9 mesi. Il normale ciclo mestruale, poi, si interrompe come anche le modificazioni cicliche sia fisiche che ormonali ad esso associate. Tuttavia, nel corso della gestazione il corpo della donna subisce molti altri cambiamenti ormonali e fisici. Anziché atrofizzarsi, il corpo luteo (che si forma nell'ovaio in seguito alla rottura del follicolo che ha liberato l'ovulo) si conserva e si ingrandisce in risposta a un ormone, la gonadotropina corionica umana (HCG), secreto dalla placenta che nutre il feto. Il corpo luteo, così aumentato di volume, produce sia gli estrogeni che il progesterone, come anche la placenta. Quando la placenta inizia a produrre questi ormoni, il corpo luteo diminuisce progressivamente la propria attività (intorno alle 8 settimane dopo il concepimento), sebbene si conservi fino alla fine della gravidanza. L'innalzamento dei livelli di estrogeni e di progesterone contribuisce a sostenere la gravidanza e la salute della placenta. A questi due ormoni sono imputabili molti dei cambiamenti fisici e i tipici malesseri comunemente associati alla gravidanza. Facciamo qualche esempio. Gli estrogeni stimolano l'aumento di volume del seno e, insieme all'HCG, sono responsabili della comparsa della nausea e del vomito mattutini che molte donne avvertono nei primi 3 mesi di gravidanza. Il progesterone, invece, agisce sulla muscolatura liscia dell'intestino per ridurre le contrazioni muscolari, inducendo in tal modo la stitichezza.

Il concepimento

Lo spermatozoo dell'uomo incontra l'ovulo della donna. È qui che ha inizio il concepimento, un processo molto complicato di cui non si conosce ancora perfettamente il meccanismo. Lo spermatozoo è una piccola cellula costituita da una testa, una parte intermedia e una coda filamentosa. È grazie a quest'ultima che è in grado di muoversi velocemente per poter incontrare l'ovulo femminile e fecondarlo. Gli spermatozoi si trovano nel liquido seminale maschile, e in quantità industriale (in una sola goccia se ne contano a milioni). Quando il liquido seminale penetra nell'organismo femminile, durante l'eiaculazione, gli spermatozoi che vengono immessi si mantengono vitali e in grado di fecondare per 2 o 3 giorni circa, ossia per un periodo che può variare dalle 48 alle 72 ore. Ma in che modo? Iniziando un lungo viaggio che attraverso il canale cervicale li porta all'utero e poi fino alle tube, agevolati nel loro cammino dal muco cervicale.

Sono incinta?
Le mestruazioni hanno qualche giorno di ritardo? Può essere uno dei segni più evidenti della gravidanza, soprattutto se si hanno cicli regolari. Se invece sono irregolari e lunghi, meglio fare un test sei settimane dopo l'inizio dell'ultimo ciclo. Attenzione, però, un ritardo nelle mestruazioni può avere altre cause, per esempio: affaticamento, uno shock emotivo, l'interruzione della contraccezione orale, un notevole dimagrimento. In questi casi è necessario verificare le cause consultando il proprio ginecologo.
E gli sbalzi di umore sono un sintomo della gravidanza? Non necessariamente: i cambiamenti di umore, comunque, sono generalmente provocati da ormoni nuovi che sono secreti dalla ovaie e poi dalla placenta. Quindi, quando si aspetta un bambino, ci si può sentire più tese e ipersensibili.
Problemi digestivi, nausee e vomito, poi, sono molto frequenti durante i primi tre mesi di gravidanza. Ma questi stessi sintomi possono essere dovuti a una piccola intossicazione e non necessariamente essere collegati alla gravidanza. Inoltre alcune donne non presentano nessuno di questi sintomi durante i primi mesi di gestazione.

Il test di gravidanza
Anche se il corpo della donna dà dei segnali inequivocabili (tensione del seno, nausea, stanchezza diffusa e maggior desiderio di dormire) e il ciclo ha qualche giorno di ritardo è sempre bene fare, comunque, il test di gravidanza. In laboratorio, in farmacia o, anche nell'intimità della casa utilizzando uno dei numerosi kit in vendita in tutte le farmacie. I test di gravidanza si basano sulla ricerca, nelle prime urine del mattino, di un ormone (HCG), che viene prodotto molto precocemente dopo il concepimento e che aumenta in modo costante fino al terzo mese di gestazione. Questo ormone stimola la produzione di estradiolo e progesterone, i due ormoni fondamentali per lo sviluppo futuro dell'utero e della ghiandola mammaria. È già rintracciabile dopo 10-14 giorni dalla fecondazione, prima nel sangue materno e poi nelle urine.
I test sulle urine sono strumenti molto sensibili e sicuri e, anche quelli eseguiti a casa sono affidabili più del 95 per cento. Nel caso ci siano ancora dubbi si può ricorrere, per la definitiva conferma, all'analisi del sangue. Con quest'ultimo esame o con l'ecografia il medico potrà confermare la gravidanza.

Consulenze genetiche
La consulenza genetica è un colloquio con uno specialista importante per valutare se i futuri mamma e papà presentano sotto il profilo genetico problemi o rischi che possano riflettersi sulla salute del bambino. Il momento ideale per programmare questo colloquio, è il periodo prima del concepimento, ma nel caso si è già in attesa di un figlio, è bene prendere al più presto un appuntamento con lo specialista.

Il consulente genetico è un operatore sanitario specializzato in genetica medica, che in genere opera nell'ambito di un centro di consulenza genetica, dove spesso vengono effettuate anche alcune indagini di tipo diagnostico. Nel corso del colloquio lo specialista disegna l'albero genealogico della famiglia dei futuri genitori, in base alle informazioni fornitegli, per capire se la coppia ha un rischio riproduttivo particolare da indagare con più attenzione ricorrendo ad alcuni test. In seguito fornisce informazioni sui test di screening. È bene cercare di avere un'idea chiara di quanto e quali siano le probabilità o i "rischi" che un certa malattia compaia o che un certo esame dia risultati attendibili: quando è il momento di prendere delle decisioni, se non si è sicuri, meglio prendere del tempo per riflettere.

L'albero genealogico è costruito sulla base di alcune informazioni:

  • la provenienza geografica o etnica dei futuri genitori
  • le cause di malattia nei parenti di primo grado (genitori e fratelli) e secondo grado (nonni, nipoti, zii)
  • le persone venute a mancare alla nascita o in età infantile o giovanile e per quali motivi
  • i soggetti con malformazioni congenite
  • gli aborti spontanei ripetuti o una storia di difficoltà o impossibilità di avere figli
  • un ritardo di crescita, un ritardo o disturbo psichico lieve o grave
  • la presenza di deficit nella vista e nell'udito
  • le malattie neurologiche invalidanti e progressive
  • la consanguineità

È importante quindi che i "rischi riproduttivi particolari" vengano identificati prima della gravidanza in modo da permettere di fare degli accertamenti ed evitarli quando la gravidanza è già avviata; se invece si rendesse necessario eseguirli nel corso della gravidanza si può conoscere in anticipo quali e in che tempi andrebbero eseguiti.

L'ecografia

Questo esame è un esame impiegato di routine per seguire lo sviluppo del feto durante la gravidanza dai primi giorni successivi alla fecondazione fino al parto. In ostetricia, l'ecografia ha il vantaggio di non utilizzare radiazioni, quindi è assolutamente innocua sia per la donna sia per il bambino e può essere ripetuta anche a breve distanza di tempo. Di solito, in una gravidanza normale si dovrebbero effettuare tre ecografie:

  • nel primo trimestre (a 8-10 settimane)
  • nel secondo trimestre (a 20-22 settimane)
  • nel terzo trimestre (a 30-34 settimane).

In caso di gravidanza a rischio l'ecografia dovrebbe essere eseguita più di frequente. Dopo aver applicato sulla pelle un gel che facilita il passaggio degli ultrasuoni, il medico passa la sonda ecografica sulla pancia, esercitando una leggera pressione. Le immagini trasmesse dall'ecografo vengono visualizzate in tempo reale sul monitor che si trova accanto al lettino. Terminato l'esame (della durata di circa 20-30 minuti), le immagini più significative vengono subito stampate (simili a una fotografia). Si consiglia di presentarsi dal medico che eseguirà l'ecografia con la vescica piena, perché l'urina funziona da filtro per gli ultrasuoni e consente di ottenere immagini molto nitide degli organi circostanti.
Se necessario, l'ecografia può essere usata precocemente per confermare una gravidanza perché già nel corso della quinta settimana di amenorrea (assenza di mestruazione) è possibile vedere (attraverso un'ecografia endovaginale) il sacco gestazionale impiantato nella cavità uterina e, alla sesta settimana, una piccola immagine dell'embrione, nonché rilevare l'eventuale presenza di gemelli. In caso di gravidanza extrauterina, quella cioè in cui l'ovulo fecondato si annida al di fuori dell'utero, l'ecografia permette di individuare l'anomalia molto prima che questa possa mettere in pericolo la madre.

Ecografia nel primo trimestre:
Durante questa ecografia è possibile:

  • verificare lo stato dell'impianto
  • datare con precisione la gravidanza
  • verificare la presenza del battito cardiaco fetale e stabilire, tramite questo, la vitalità fetale
  • stabilire il numero dei feti

Ecografia nel secondo trimestre
Questa ecografia è incentrata sulla misura e valutazione della morfologia e struttura degli organi fetali. Si potranno rilevare:

  • le misure del cranio, dell'addome, delle ossa lunghe come omero e femore
  • la morfologia del cranio, della faccia, del cuore e degli organi all'interno dell'addome
  • il sesso del nascituro
  • la posizione e lo sviluppo della placenta e le condizioni delle pareti uterine.

Ecografia nel terzo trimestre
Durante questa ecografia viene valutata la crescita fetale misurando gli stessi parametri misurati durante la precedente ecografia. Poi si osservano:

  • la normalità morfologica di cuore, reni, stomaco, vescica e ventricoli cerebrali
  • la quantità di liquido amniotico, che è in relazione con il benessere fetale
  • la posizione della placenta e la posizione del feto (cefalica, podalica o trasversale).

Il monitoraggio

Il monitoraggio del battito cardiaco fetale, chiamato anche cardiotocografia, è un esame semplice e non invasivo che registra la frequenza del battito cardiaco del bambino e le sue variazioni, rivelando l'eventuale presenza di contrazioni dell'utero. Viene eseguito con il cardiotocografo, un apparecchio che utilizza gli ultrasuoni, formato da una "scatola", a cui sono collegati due piccoli strumenti e due fasce elastiche. Il primo strumento è un rivelatore a ultrasuoni del battito cardiaco, e va collocato nel punto dove si ha una migliore percezione del battito del feto: registra le variazioni delle pulsazioni e le trasmette all'apparecchio, che le riporta su una striscia di carta, da cui si ricava il "tracciato" del battito. Le contrazioni possono essere ascoltate anche dalla mamma, attraverso un amplificatore interno all'apparecchio, che permette di sentire "in diretta" il battito del nascituro.
Il secondo strumento è un misuratore meccanico delle contrazioni uterine, che viene posizionato sul fondo dell'utero: quando questo si contrae, effettua una pressione sul rilevatore, che la trasmette all'apparecchio quindi sulla striscia di carta. Dal tracciato si ha l'esito dell'esame, ossia le pulsazioni del cuore (il loro numero al minuto) e la loro variazione in presenza di contrazioni dell'utero. L'esame, che dura circa 20 minuti, non comporta rischi né per la mamma né per il feto, permettendo di tenere sempre sotto controllo il bimbo nel pancione.
Di solito questo esame viene eseguito in prossimità del parto, all'arrivo in ospedale della mamma (insieme agli altri controlli di routine), ma soprattutto durante il travaglio per capire se il feto è in grado si sopportare o no lo sforzo di un parto normale. La contrazione dell'utero, infatti, determina una pressione sul feto, che induce una riduzione della frequenza delle pulsazioni del cuore che, di solito, riprende a battere regolarmente nel giro di 30 secondi circa. Se il tempo per ritornare alla normalità è maggiore, può esserci un problema di sofferenza fetale, e in questo caso il monitoraggio permette ai medici di intervenire subito.
Se il parto è fisiologico è sufficiente eseguire un monitoraggio intermittente a intervalli regolari durante tutto il travaglio. Nei casi in cui, invece, nei controlli precedenti è stata già rilevata una sofferenza fetale, la mamma ha subìto un'analgesia per ridurre i dolori del parto, o si effettua un parto indotto (le contrazioni vengono stimolate attraverso i farmaci), è necessario un monitoraggio continuo e costante durante tutto il travaglio, o almeno questo dovrà essere effettuato a intervalli molto ravvicinati.
Anche nel caso la gravidanza si protraesse oltre il termine, il ginecologo consiglierà la futura mamma di recarsi in ospedale per effettuare il monitoraggio regolarmente (per esempio a giorni alterni) in modo da accertare che il piccolo sia nutrito regolarmente dalla placenta e continui a crescere bene.

I test durante la gravidanza

Gli esami eseguiti durante la gravidanza forniscono il maggior numero possibile di informazioni sullo stato di salute del feto per stabilire se sia "geneticamente sano" e, in tal caso, rassicurare i genitori sulla buona salute del figlio che sta per nascere. Oltre all'ecografia esistono altre tecniche di indagine che mirano a una corretta diagnosi prenatale, come il tri-test, l'esame dei villi coriali e l'amniocentesi. La maggior parte delle analisi cromosomiche prenatali è rivolta a gestanti che hanno superato i 35 anni di età o nei casi particolari in cui esiste una familiarità per malattie cromosomiche.

Tri-test
Il Tri-test è un esame che consiste nel dosaggio di tre sostanze normalmente presenti nel sangue di una donna "in attesa" (l'alfa-fetoproteina, prodotta dal feto, l'estriolo non coniugato, prodotto sia dal feto che dalla placenta, e la gonadotropina corionica, ossia l'HCG, un ormone prodotto dalla placenta).
L'esame è utile principalmente per lo screening precoce della sindrome di Down in gravidanza. Infatti, particolari livelli di queste tre sostanze possono, combinati insieme, predire con una certa probabilità il rischio che il bambino sia affetto da questa sindrome. Il test non è rischioso e si esegue con un prelievo di sangue a digiuno tra la 15ma e la 20ma settimana di gravidanza. Il campione di sangue viene poi analizzato in laboratorio e sono necessari di solito alcuni giorni prima di conoscere il risultato.
Bassi livelli di alfa-fetoproteina ed estriolo combinati con alti livelli di HCG indicano un alto rischio di sindrome di Down nel feto. Un risultato normale non garantisce, tuttavia, che il feto sia esente da alterazioni cromosomiche. Inoltre, anche in caso di positività del test, è sempre necessario eseguire un'amniocentesi o una villocentesi: questi esami sono indispensabili, infatti, per accertare con sicurezza l'esistenza di eventuali anomalie cromosomiche. Il riscontro di livelli molto alti dell'alfa-fetoproteina deve far sospettare la presenza di gravi malformazioni del sistema nervoso del feto, tra cui la spina bifida.

Esame dei villi coriali
L'esame dei villi coriali (villocentesi) è una tecnica invasiva di diagnosi prenatale che consiste nel prelievo di cellule dai villi coriali, un tessuto appartenente al feto che si trova nella placenta della futura mamma. Il campione prelevato è utile per lo studio del corredo cromosomico del nascituro.
Come altri esami diagnostici effettuati nel periodo prenatale, la villocentesi permette di identificare precocemente alcune importanti anomalie cromosomiche, come la sindrome di Down, o malattie genetiche come la fibrosi cistica. Attraverso lo studio degli enzimi presenti nel feto, poi, la villocentesi permette di individuare eventuali malattie metaboliche. Con questo esame non è invece possibile rilevare alcune malformazioni del sistema nervoso, che possono, invece, essere individuate attraverso l'amniocentesi.
Trattandosi di un esame invasivo, la villocentesi non è esente da rischi e deve essere presa in considerazione solo in casi particolari, per esempio: età della mamma pari o superiore a 40 anni, precedenti figli portatori di anomalie cromosomiche, malattie ereditarie in famiglia o altri fattori di rischio (per esempio l'esposizione durante la gravidanza a radiazioni).
Questo esame ha il vantaggio di poter essere effettuato già nel primo trimestre di gravidanza, preferibilmente tra la 10ma e la 12ma settimana, a differenza dell'amniocentesi.
Il prelievo si svolge inserendo nell'addome un ago sottile che, sotto la guida dell'ecografia, raggiunge la placenta ed aspira le cellule dei villi coriali. Questa modalità definita trans-addominale ha ormai quasi completamente soppiantato la tecnica originaria, detta trans-cervicale, che prevedeva il passaggio di una sonda attraverso il collo dell'utero, ma che si è rivelata più pericolosa, specialmente per il rischio di infezioni uterine. L'esame non richiede il ricovero, né una preparazione particolare, non è doloroso, e dura complessivamente circa 45 minuti (anche se il prelievo richiede solo pochi minuti). Dopo l'esame è consigliabile rimanere a riposo uno o due giorni.
Tra i vantaggi di questo esame c'è la possibilità di disporre dei primi risultati entro due giorni, perché una parte delle cellule fetali può essere analizzata immediatamente al microscopio per la ricerca di eventuali alterazioni del numero o della struttura dei cromosomi, per esempio la sindrome di Down caratterizzata dalla presenza di tre (anziché due) cromosomi 21. La possibilità di errore, tuttavia, anche in condizioni diagnostiche ottimali, resta pari al 4 per cento circa. Per una analisi completa e una diagnosi esauriente occorrono circa due settimane: il tempo necessario per osservare la crescita e la moltiplicazione delle cellule fetali. Su specifica richiesta, si possono ottenere informazioni importanti su particolari malattie ereditarie, per esempio la talassemia, l'emofilia, le distrofie muscolari e la fibrosi cistica.

Amniocentesi
L'amniocentesi consiste nel prelievo e nella successiva analisi del liquido amniotico. Questo esame è utile per valutare lo stato di salute del feto e, soprattutto, le sue caratteristiche cromosomiche, allo scopo di individuare precocemente eventuali anomalie genetiche. Con il liquido amniotico si può inoltre dosare l'alfa-fetoproteina, il cui valore è alterato in caso di malformazioni del sistema nervoso fetale, e stabilire con estrema precisione la presenza di alcune infezioni pericolose per il feto.
L'amniocentesi "precoce" si effettua in genere tra la 15ma e la 18ma settimana di gestazione, quando l'utero è sufficientemente aumentato di volume per poter raggiungere facilmente la cavità in cui è contenuto il liquido amniotico. L'esame viene suggerito alle donne in cui esistono condizioni che mettono la gravidanza a rischio di malformazioni o malattie genetiche, per esempio: l'età materna maggiore di 35 anni, gravidanze precedenti con anomalie cromosomiche, presenza di alterazioni cromosomiche nei genitori e, più in generale, nella famiglia, rischio aumentato di anomalie cromosomiche per aumento dell'alfa-fetoproteina materna (o per positività del tri-test) oppure per il rilievo di reperti ecografici dubbi.
L'esame viene effettuato dopo la 18ma settimana, quindi potrebbe essere troppo tardi per predisporre un'eventuale interruzione di gravidanza, motivata dal rilievo di anomalie cromosomiche. L'amniocentesi può anche essere eseguita verso la fine della gravidanza (amniocentesi "tardiva") per determinare sia il grado di maturità fetale sia se i polmoni del bambino sono ben sviluppati.
L'esame non necessità di ricovero: si effettua un esame ecografico per determinare l'esatta posizione del feto e della placenta in modo da eseguire un prelievo mirato. Sempre sotto guida ecografica viene, quindi, inserito attraverso l'addome un ago destinato a raggiungere l'utero, pungere il sacco amniotico e prelevare del liquido. Terminato il prelievo, viene comunque effettuato il monitoraggio del battito cardiaco fetale per assicurarsi che il feto non abbia subìto danni. Benché il prelievo di liquido non richieda più di 5 minuti, l'intera procedura, che non è dolorosa, dura circa 45 minuti.
Il liquido prelevato viene raccolto in provette sterili che vengono inviate al laboratorio per l'analisi. In funzione del tipo di analisi da effettuare, per la risposta sono necessarie da 2 a 4 settimane. Le cellule del feto presenti nel liquido vengono coltivate e, quindi, sottoposte ad analisi citogenetica, cioè all'analisi delle strutture cellulari che hanno rapporto con i fenomeni ereditari e soprattutto dei cromosomi. Si possono così individuare: sesso del nascituro, anomalie cromosomiche (come la sindrome di Down), malformazioni neurologiche (come la spina bifida) e alcune malattie genetiche (per esempio fibrosi cistica, sordità congenita, malattie del sangue dovute a difetti dell'emoglobina, distrofia muscolare).
Grazie a tecniche molto recenti, oggi è possibile individuare direttamente nel liquido amniotico e con assoluta precisione la presenza di alcuni agenti infettivi (per esempio, il citomegalovirus, il virus della rosolia o l'agente responsabile della toxoplasmosi, una malattia generalmente trasmessa da animali) che possono essere molto pericolosi per il feto.

Alimentazione in gravidanza

D'ora in poi dovrò mangiare per due!" Una frase ormai entrata nella credenza collettiva, ma che si dimostra un po' esagerata. È vero piuttosto che la dieta della futura mamma deve coprire i fabbisogni del nascituro altrimenti quest'ultimo si nutrirà delle riserve materne, con la conseguenza di aumentare il rischio di malattie per la mamma e di influenzare negativamente lo sviluppo stesso del feto. Quindi la parola d'ordine è mangiare meglio, per la salute della mamma e del nascituro. L'alimentazione della gestante non dovrebbe differire molto da quella seguita normalmente, tranne che nel prestare una maggiore attenzione alla qualità dei cibi assunti. La richiesta aggiuntiva effettiva è, in media, intorno alle 300 kcal giornaliere e l'apporto quantitativo non dovrebbe essere molto diverso dalla consuetudine. Fin dall'inizio della gravidanza si dovrebbe seguire una dieta corretta, equilibrata e variata, cercando di evitare aumenti di peso sconsiderati.
Una maggiore attenzione va rivolta all'apporto di proteine, di alcune vitamine e minerali, e al tipo di grassi. Fonti proteiche indispensabili sono il pesce, le carni magre, le uova, il latte, i formaggi e i latticini, ma è anche raccomandato mangiare pane, pasta, riso ed altri cereali, perché sono in grado di prevenire la stitichezza tipica di questo periodo. I legumi secchi, poi, sono una buona fonte di proteine, ferro e calcio: il loro consumo deve essere comunque moderato perché può causare meteorismo e coliche addominali.
Con la gravidanza aumenta il fabbisogno di calcioferrofolativitamine A, B1, B2, B12: è quindi consigliabile consumare frutta e ortaggi, privilegiando quelli di colore giallo e arancio perché ricchi di beta-carotene, e verdure a foglie larghe di colore verde scuro. Cucinare gli alimenti troppo a lungo distrugge alcune vitamine, per cui frutta e verdure (dopo essere state lavate accuratamente) andrebbero consumate crude, al naturale o cucinate in maniera molto leggera.
I prodotti ortofrutticoli sono un'ottima fonte vitaminica, ricordando sempre di privilegiare i prodotti di stagione: l'arancia, il pomodoro ed il kiwi sono ricchi di vitamina C e folati, mentre la carota, l'albicocca e gli ortaggi a foglia verde di provitamina A. Sono anche una fonte importante di minerali: gli ortaggi a foglia verde abbondano di calcio e ferro, mentre la patata ed il pomodoro di potassio.
Il miglior grasso da condimento resta l'olio extra vergine d'oliva (come raccomanda la dieta mediterranea). Anche se il consiglio di bere molto durante la giornata vale un po' per tutti, lo è a maggior ragione per le donne "in attesa" che devono coprire gli aumentati fabbisogni fetali. Infine, è bene evitare i cibi di origine animale crudi e poco cotti (possono essere veicolo di malattie, come la toxoplasmosi, nelle donne non vaccinate), le bevande alcoliche e assumere troppo caffè.

Attività fisica in gravidanza

Sempre più donne praticano attività fisica in gravidanza, ma è consigliabile? Non c'è nessuna controindicazione a svolgere attività fisica durante la gravidanza, purché venga fatta con moderazione (né intensa né prolungata) e con il nulla osta del ginecologo. Un'attività fisica leggera svolta con regolarità non solo ha un effetto positivo nel rilassamento e nel benessere psicofisico nella donna "in attesa", ma, soprattutto se praticata fin dal primo trimestre, migliora il naturale andamento della gravidanza e la crescita del feto, aumentando la capacità di trasporto di ossigeno e di sostanze nutritive indispensabili per il feto. Un "modesto" esercizio fisico è in grado di aumentare l'efficienza degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio migliorando l'adattamento materno alla gravidanza e al parto (maggiore riserva cardiopolmonare). Inoltre, con un movimento regolare migliora la circolazione negli arti inferiori, con una riduzione del senso di gonfiore, degli episodi di dolore, di crampi e di affaticamento. E ancora, l'attività fisica contiene l'aumento del peso corporeo e diminuisce il rischio di diabete gestazionale e gli episodi di lombalgia, favorendo un miglioramento del tono muscolare in generale e della postura.
Le attività più adatte sono quelle svolte in acqua (per una maggiore e migliore dispersione termica e per un ridotto carico meccanico sulle articolazioni), in posizione orizzontale, come il nuoto, e in verticale, come l'acquafitness e gli esercizi di ginnastica (yoga) e/o danza (a corpo libero) eseguiti con accompagnamento musicale. Alcuni studi, infatti, hanno messo in risalto la possibilità che le vibrazioni sonore prodotte dalla musica producano un effetto stimolante sulle strutture nervose del feto. La donne in cui si riscontra un decorso della gravidanza abbastanza normale, può praticare regolarmente una corretta attività fisica (secondo la giusta intensità, durata e frequenza), programmata in base al suo stato di salute, al livello di allenamento e alle capacità motorie, scegliendo il tipo di esercizio più gradevole da effettuare.

Corsi di preparazione al parto
Esistono oggi numerosi corsi di preparazione al parto che aiutano le donne a comportarsi in modo saggio e consapevole e ad affrontare con serenità il momento della nascita, controllando il dolore e vincendo le emozioni negative. I corsi offrono anche l'occasione di incontrare altre donne che hanno gli stessi problemi e le stesse paure, e cercano di creare un primo contatto con il personale e l'ambiente dove avverrà il parto. La preparazione al parto è organizzata sia da strutture pubbliche sia da centri privati e intende creare un rapporto più umano nell'assistenza alla coppia ed al bambino, creando così un clima di comprensione, di rispetto e affetto.
I corsi tradizionali sono composti da una serie di lezioni teoriche sulla fisiologia dell'apparato riproduttivo e della gravidanza; l'ostetrica affronta il problema del dolore e della paura del dolore, cercando di rimuovere timori irrazionali, ed infine propone esercizi di ginnastica e tecniche di respirazione utili nel travaglio di parto.
I corsi di preparazione al parto non hanno l'unico fine del controllo del dolore in vista del parto, ma anche: aumentare il senso di sicurezza e di autostima, fornire informazioni sulla gravidanza, sul parto, sulle implicazioni psicologiche di queste esperienze, sull'evoluzione delle dinamiche di coppia e sulle competenze del bambino. Nei corsi tradizionali di preparazione al parto, a partire dalla fine del secondo trimestre, si tengono delle riunioni settimanali (di circa 2 ore e tenute in consultorio, in palestra o in ospedale), nelle quali si trattano i seguenti argomenti: la fisiologia della gravidanza, la fisiologia della contrazione muscolare e della respirazione, il parto ed elementi di puericultura, come l'allattamento ed i preparativi per il bambino. Si visionano film sul parto e/o sull'allattamento e si esegue una visita guidata alla sala parto e al nido. Nello stesso periodo le partecipanti al corso vengono riunite in una palestra ed allenate ad eseguire esercizi di ginnastica e di rilassamento del corpo ed esercizi respiratori.

Training autogeno
Questo metodo è stato diffuso in Italia, a partire dal 1973 ed è basato su tecniche di autosuggestione e di respirazione, che hanno lo scopo di condizionare la reazione della donna ad ogni singola fase del parto, in modo da alleviare sia la tensione fisica sia quella psicologica.
I corsi sono costituiti da incontri settimanali che iniziano al settimo mese di gravidanza e si basano su lezioni teoriche (fisiologia della gravidanza e del parto) ed esercitazioni pratiche. Le gestanti apprendono le tecniche di rilassamento e quelle di respirazione e di controllo muscolare, che devono essere applicate nei vari momenti del travaglio. Durante il rilassamento, la donna "in attesa" impara ad evocare ricordi e sensazioni, ansie e paure, sulle quali viene eseguita un'analisi psicologica.
Si insegna una respirazione lenta e profonda, come quella del sonno, da usare quando iniziano le contrazioni; per la fase espulsiva del parto la futura mamma apprende ad inspirare e a trattenere l'aria nei polmoni nel momento di spingere e a rilassarsi completamente nell'intervallo tra le contrazioni. Il controllo della tensione emotiva e fisica, evitando di amplificare la percezione dolorosa, tende a ridurre al minimo il dolore.

Yoga
Questo metodo è indicato per chi pratica lo yoga da qualche tempo. Esige il controllo della propria mente con diversa gradualità a seconda dei differenti livelli della situazione in cui la partoriente viene a trovarsi. Ciò significa, per esempio, che in certi momenti la donna deve distogliere il pensiero dalle contrazioni mentre in altri deve esserne completamente consapevole. Lo yoga è senza dubbio un'attività benefica per il rilassamento, il controllo della respirazione e la flessibilità corporea, ma devono essere evitate certe posizioni e gli allungamenti muscolari estremi.
Le "ananas", particolari posture guidate dal respiro, hanno la funzione di ripristinare la flessibilità del femminile, la capacità di lasciarsi accadere, di lasciarsi ascoltare, rompendo la barriera del razionale che rende dolorosi e lontani i processi di trasformazione.
Altro strumento dell'Hatha Yoga è il "Pranayam", ovvero il controllo dell'energia vitale attraverso il respiro. Una buona respirazione è fondamentale sia in gravidanza sia al momento del parto poiché una maggiore ossigenazione e depurazione del sangue materno trasmette più ossigeno al bambino durante la sua vita nel grembo materno e diminuisce sensibilmente il dolore delle contrazioni. Lo Yoga, inoltre, è il capostipite di tutte le tecniche di rilassamento, interiorizzazione e meditazione, ed insieme ai Mantra, frasi che rafforzano e calmano la mente e vocalizzi che scaricano le tensioni, la donna impara l'attenzione al sé, ad individuare sempre i suoi bisogni e quelli del bambino che porta in grembo con una presa di coscienza più profonda di questa naturale unione.

Rimanere belle in gravidanza

L'igiene della gravidanza comprende l'adozione di certe cautele nella vita d'ogni giorno, l'osservanza d'alcune norme igieniche generali, una corretta supervisione medica ed un'alimentazione adeguata. In gravidanza non vi è alcuna controindicazione al bagno in vasca o alla doccia tutti i giorni, ma sarebbe meglio evitare l'uso di acqua troppo fredda o troppo calda. I capelli possono essere lavati ogni volta che si desidera, ma devono essere evitate permanenti e soprattutto tinture.

No alle smagliature
Durante la gravidanza il corpo della donna subisce straordinari cambiamenti. Quello più evidente è certamente l'aumento di volume. La conseguenza più comune è la comparsa di smagliature, che compaiono sul seno, sul ventre e sui fianchi: le zone del corpo maggiormente sotto "stress". Il modo migliore per combatterle è prevenirle, contrastando quei fattori che ne facilitano la formazione.

Ecco come fare.
Una pelle morbida, ricca di acqua, ha maggiori capacità di adattamento, perché è più flessibile. Da qui l'importanza di averne cura fin dai primissimi mesi di gravidanza, applicando quotidianamente una crema ad azione idratante ed elasticizzante. I prodotti vanno applicati massaggiandoli per qualche minuto: il massaggio infatti stimola la microcircolazione superficiale, favorisce l'assorbimento dei principi attivi e migliora il metabolismo delle cellule. È bene bere sempre almeno un litro e mezzo di acqua oligominerale al giorno (la disidratazione cutanea si combatte anche dall'interno) e mantenere sotto controllo l'aumento di peso (più cresce il volume, più la pelle è sottoposta a una tensione eccessiva e più si corre il rischio di smagliature). Almeno una volta a settimana va poi usato un prodotto esfoliante, massaggiandolo su tutto il corpo e in particolare sui punti critici (seno, ventre e fianchi). Rimovendo le cellule morte in superficie, la pelle rimane più morbida, levigata e può assorbire più facilmente i successivi prodotti di trattamento. Da evitare sono i bagni troppo caldi e lunghi, perché favoriscono il rilassamento dei tessuti e impoveriscono il film idrolipidico che ricopre la pelle e di conseguenza ne accentuano la disidratazione. Sul seno, che è una zona particolarmente delicata e a rischio anche per il successivo allattamento, andrebbero eseguite delle spugnature fredde: il freddo ha un effetto vasocostrittore che stimola la circolazione dei tessuti e quindi la loro ossigenazione. Frutta e verdura (ricche di vitamina A e C) e oli di origine vegetale (ricchi di vitamina E), poi, aiutano la pelle a mantenersi morbida ed elastica, oltre a combatterne il precoce invecchiamento.

Contro le macchie della pelle
I cambiamenti ormonali che avvengono nel corso della gravidanza, aumentano anche la produzione di melanociti (cellule contenenti melanina, la sostanza che rende abbronzata la cute) che causa il cloasma gravidico, detto anche "maschera della gravidanza". In questo caso già a partire dal quarto mese, sul viso delle future mamme, compaiono delle alterazioni pigmentarie della cute sotto forma di chiazze brunastre, localizzate principalmente sulla fronte, sul naso, sul labbro superiore e sugli zigomi. Tali cambiamenti della pigmentazione della pelle si percepiscono anche sull'areola mammaria che circonda i capezzoli e sulla linea che corre sull'addome fino alla parte superiore del pube (linea alba).
Questa colorazione nella maggior parte dei casi scompare dopo il parto, anche se talvolta può persistere più a lungo (può durare ancora nei due o tre mesi successivi) e andare incontro ad una intensificazione nella stagione estiva. Per ridurre o evitare il problema occorre esporsi il meno possibile al sole e proteggere la pelle con una crema solare ad alto fattore protettivo. Il sole, infatti, pur non essendo direttamente responsabile della comparsa delle macchie, stimola la produzione della melanina da parte dei melanociti. Quando il cloasma compare non ci sono pelli che per le loro caratteristiche ne impediscono il riconoscimento, perché le macchie variano a seconda del tipo di pelle. Infatti nelle future mamme di pelle chiara le macchie sono scure, mentre in quelle di pelle più scura, le macchie sono chiare.
Anche se i cambiamenti della pelle scompaiono poco dopo il parto, è necessario comunque seguire scrupolosamente alcune indicazioni, sin dal momento in cui si scopre di aspettare un bambino. Il sole è il nemico principale, quindi se possibile è bene evitarlo. Se però bisogna affrontare la maggior parte della gravidanza nel periodo estivo, la futura mamma deve utilizzare quotidianamente prodotti solari ad alta protezione (con fattore da 15 in su) o meglio ancora con protezione totale. Anche i prodotti per il trucco devono contenere la protezione solare. È consigliato mangiare molta frutta e ortaggi di colore arancione, ricchi di betacarotene, e di assumere integratori di acido folico, perché gli esperti sospettano che la carenza di questa sostanza possa essere un'altra causa della comparsa del cloasma gravidico.

Denti e capelli
Sorriso a rischio in gravidanza? Durante la gestazione, sostanzialmente, non cambiano le norme che assicurano una corretta cura della cavità orale. Sarà ovviamente opportuno lavarsi i denti dopo ogni pasto in modo da impedire ai batteri di attentare al benessere della bocca. Quando si spazzolano i denti, poi, è bene che lo spazzolino venga mosso dal bordo delle gengive in direzione della parte finale del dente. È consigliabile inoltre l'utilizzo di dentifrici fluorati da far agire in bocca per almeno un minuto prima di sciacquarsi. Non bisogna trascurare una scrupolosa pulizia serale con il filo interdentale, oltre ad un attento risciacquo con un collutorio. Avere cura del cavo orale dopo la nascita del bambino significa, inoltre, evitare che la mamma possa, anche involontariamente, trasmettere la propria flora batterica al neonato. Infatti la bocca del piccolo è completamente sterile e la mamma potrebbe, attraverso i baci, ma anche effettuando normali gesti quotidiani, trasmettere i suoi "germi" al piccolo. Una preventiva visita dal dentista va programmata entro i primi tre mesi di gravidanza. In questo caso lo specialista potrà valutare lo stato di salute della dentatura e intervenire tempestivamente se necessario.
Le tinture ai capelli, a meno che non si tratti di prodotti ad esclusiva composizione vegetale, così come le permanenti, sono controindicate in gravidanza (soprattutto nel primo trimestre), in quanto spesso contengono sostanze acide. È necessario, quindi, esaminare con attenzione l'elenco delle sostanze contenute nella tinta scelta prima di procedere all'applicazione. Sono invece ammessi i "colpi di sole", in quanto non interessano la radice del capello e non arrivano perciò a contatto con la cute e il cuoio capelluto.

Capillari e vene varicose
A causa della situazione ormonale, in gravidanza è molto frequente che si manifesti gonfiore alle mani e ai piedi, anche accentuato, dovuto a ritenzione di liquidi nei tessuti. Questo fenomeno è più marcato quando il clima è caldo e nell'ultimo trimestre di gravidanza. Inoltre, la compressione determinata dall'utero sulla vena cava, che raccoglie il sangue proveniente dagli arti inferiori, può causare un ostacolo alla normale circolazione venosa. Oltre al gonfiore, possono quindi comparire o aggravarsi, soprattutto nelle donne predisposte per fattori ereditari, dilatazioni dei vasi capillari e vene varicose agli arti inferiori e nel distretto emorroidario.
Per questioni di circolazione il gonfiore dei piedi è più accentuato alla sera, dopo una giornata di fatiche, e si attenua, facendo degli esercizi, fino a scomparire al mattino, dopo una notte di riposo. Viceversa il gonfiore ed il formicolio delle mani è più evidente al mattino e scompare, dopo qualche ora, con il movimento degli arti. Ci si può aiutare con qualche esercizio specifico.
Se l'edema persiste o si accentua, non seguendo l'andamento ciclico suddetto, o si diffonde ad altre parti del corpo è meglio segnalare tempestivamente il fenomeno al proprio medico.
Ecco quali sono i possibili rimedi: indossare calze elastiche durante il giorno, evitare di stare troppo a lungo in piedi o sedute, usare scarpe comode e con tacco basso, ritagliarsi dei momenti di riposo durante il giorno, dormire con gli arti inferiori sollevati rispetto al resto del corpo (per esempio mettendo un cuscino sotto il materasso dalla parte dei piedi), fare del movimento (nuoto, ginnastica per gestanti e/o passeggiate), evitare di indossare gambaletti, giarrettiere, autoreggenti, cinture, indumenti o guaine strette.

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