Autorizzazione allo scarico acque reflue domestiche sicilia

Rilascio di una nuova autorizzazione allo scarico domestico o assimilabile/assimilato a domestico
L'iter amministrativo per il rilascio dell'autorizzazione allo scarico per i reflui domestici o assimilabili/assimilati a domestici è un procedimento articolato dove vengono coinvolti diversi Uffici e prevede le fasi di seguito descritte:

  1. Approvazione dei sistemi di trattamento e smaltimento da parte dell’Ufficio Progetti e Conformità ed esecuzione del sopralluogo di conformità da concordare con il personale dell'Ufficio.
  2. Il rilascio dell'autorizzazione allo scarico è subordinato all'esito favorevole del sopralluogo di conformità sulle opere realizzate e al pagamento dei diritti di istruttoria da effettuarsi mediante versamento sul c/c n. 11087954 intestato alla “ Tesoreria Comune di Catania” indicando la causale “Diritti di istruttoria per rilascio di nuova autorizzazione allo scarico”. Se trattasi di scarico in acque superficiali, è altresì necessario il N.O. Idraulico da parte dell'ente competente e il pagamento della tassa di concessione governativa regionale di € 83,67 da effettuarsi mediante versamento sul c/c postale n. 17770900 o bonifico bancario su IBAN n. IT06FO760104600000017770900 intestato alla “Tesoreria Regione Siciliana” indicando la causale “Tassa di concessione governativa regionale per rilascio autorizzazione allo scarico in acque pubbliche”.
  3. Il ritiro del provvedimento autorizzatorio avviene presso l’Ufficio Controllo Scarichi da parte del titolare o del legale rappresentante, o loro espressi delegati, muniti della marca da bollo  di € 16,00;
  4. Per gli scarichi in acque superficiali è dovuto (pena la cessazione dell'efficacia della autorizzazione) il pagamento della tassa annuale di € 42,35, da effettuarsi annualmente entro il 31 gennaio, mediante versamento sul c/c n. 17770900 intestato alla “Tesoreria Regione Siciliana” indicando la causale “Tassa annuale di concessione governativa regionale per scarico in acque pubbliche” indicando il numero di protocollo dell'autorizzazione e l'anno di riferimento.
  5. Per gli impianti di depurazione viene prescritto l'autocontrollo analitico al fine di accertare il rispetto dei valori limite previsti dalla legge.

Alla pagina della modulistica è possibile scaricare gli stampati necessari al fine di richiedere l'autorizzazione allo scarico di reflui domestici o assimilabili/assimilati a domestici.


Rinnovo di un autorizzazione esistente
Le autorizzazioni hanno una validità di quattro anni.
Il rinnovo va richiesto sei mesi prima della scadenza.
Per il rinnovo delle autorizzazioni la relativa domanda in bollo a nome e firma del titolare o legale rappresentante, deve essere accompagnata dalla dichiarazione resa nelle forme di legge da parte degli stessi, dalla quale deve risultare l’immutata situazione del regime degli scarichi rispetto all’autorizzazione precedente; qualora sia cambiato il titolare o legale rappresentante, al momento del subentro nella carica, deve essere richiesto l'adeguamento dell'autorizzazione allo scarico producendo apposita domanda e scheda tecnica. Alla domanda deve essere allegata la ricevuta di pagamento dei diritti di istruttoria da effettuarsi mediante versamento sul c/c postale n. 11087954 o bonifico bancario su IBAN n. IT73A0760116900000011087954 intestato alla “ Tesoreria Comune di Catania” indicando la causale “Diritti di istruttoria per rilascio di nuova autorizzazione allo scarico”.
Nel caso di insediamento di nuova società, qualora l'autorizzazione pregressa sia in corso di validità, deve essere richiesta la voltura; se la pregressa autorizzazione ha cessato di efficacia deve essere richiesta la nuova autorizzazione.

Gruppo XV 188.00.11

OGGETTO: Scarichi di reflui. Decreto legislativo n. 152/99. Applicabilit� in Sicilia. Quesiti vari.

ASSESSORATO REGIONALE TERRITORIO ED AMBIENTE

PALERMO

1. Con nota n. 1367/Gab del 10 luglio 2000 codesto Assessorato, rilevando che il d. l.vo 11 maggio 1999, n. 152 sono state dettate nuove norme in materia di tutela delle acque, abrogando la l. 319/1976 (attuata in Sicilia con l.r. n. 27/1986), ha posto allo Scrivente i seguenti quesiti, che tendono ad individuare la normativa applicabile nelle seguenti problematiche:
a) competenze in materia di autorizzazione allo scarico. Codesta Amministrazione, rileva che l'art. 45 del d. l.vo 152/1999 individua la Provincia quale soggetto competente al rilascio delle autorizzazioni per lo scarico in corpi ricettori diversi dalle pubbliche fognature (per le quali la competenza � del comune), mentre la legge regionale 27/1986 attribuisce la competenza sempre al comune, indipendentemente dalla destinazione degli scarichi. Codesta Amministrazione ritiene, in proposito, che le competenze debbano restare disciplinate dalla l.r. 27/1986, anche in considerazione che si tratta di attribuzioni di competenze agli enti locali, sui quali la Regione ha competenza esclusiva.

b) sistema sanzionatorio per illeciti amministrativi. In relazione alle norme recate dal d. l.vo 152/1999, codesta Amministrazione evidenzia le seguenti differenze tra le disposizioni contenute in tali norme ed il sistema delineato nell'ordinamento regionale:
b1) competenza ad irrogare le sanzioni e destinazione dei proventi. In proposito la normativa regionale attribuisce la competenza alle province regionali -cui spetta parte del gettito-, mentre il d. l.vo 152/1999 attribuisce alle regioni la competenza in parola, prevedendo la destinazione dei proventi ad opere di risanamento e riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici.
b2) pagamento in misura ridotta. L'art. 56, quarto comma, del d.l.vo 152/1999 dispone che alle sanzioni pecuniarie previste dal decreto medesimo non si applichi l'istituto del pagamento in misura ridotta di cui all'art. 16 della l. 689/1981, mentre la normativa regionale prevederebbe il ricorso a tale istituto; ed inoltre la normativa regionale prevede l'applicazione, per le sanzioni amministrative pecuniarie in materia ambientale, del principio di legalit� di cui all'art. 3 d. l.vo 472/1997.
b3) misura delle sanzioni pecuniarie. L'art. 54 del d.l.vo 152/1999 prevede una serie di illeciti amministrativi sanzionati pecuniariamente in misura diversa rispetto all'entit� prevista dalla normativa regionale o dalla previgente normativa di cui alla legge 319/1976.

c) trasporto di reflui non tossici. In ordine al trasporto di tali reflui il D. l.vo 152/1999 prevede che il trasportatore di rifiuti costituiti da acque reflue � tenuto al rispetto della normativa in materia di rifiuti di cui al d. l.vo 22/1997, mentre, per i reflui non classificabili tossici e nocivi � previsto dalla normativa regionale un particolare sistema autorizzatorio (art. 35 ss. L.r. 27/1986 e art. 2 l.r. 58/1995). Ritiene, in proposito, codesta Amministrazione che dovrebbe continuare ad applicarsi la normativa regionale in quanto aderisce ai principi delle direttive comunitarie.

d) percentuali di abbattimento e valori limite. Rileva codesto Assessorato che le previsioni della normativa regionale sono in linea con le disposizioni di cui al d. l.vo 152/1999, anzi, in taluni casi prevedono dei limiti pi� restrittivi di quelli fissati in campo nazionale. Per cui dovrebbe provvedersi ad una coniugazione delle normative prevedendo il rispetto dei limiti pi� restrittivi.

Codesta Amministrazione correda la richiesta di uno schema esemplificativo che riassume la normativa che ritiene debba in concreto applicarsi, distinguendo la normativa del d.l.vo 152/1999 che dovrebbe applicarsi in quanto di derivazione comunitaria, o con refluenza sul campo sanzionatorio penale o non in contrasto con la normativa regionale e quell'altra che risulterebbe in contrasto con la normativa regionale vigente e relativa ad aspetti sui quali la Regione siciliana ha competenza esclusiva, e, quindi, non applicabile in Sicilia.

2. Con la legge regionale 15 maggio 1986, n. 27, anche in attuazione della legge 10 maggio 1976, n. 319 (c.d. "legge Merli") sono state poste norme in materia di disciplina degli scarichi di reflui.

La predetta legge regionale in parte contiene normativa autonoma, ancorch� collegata all'attuazione della l. 319/1976, e in parte rinvia a norme della legge 319/76 medesima.

Con il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, sono state poste nuove disposizioni in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, anche in attuazione delle direttive dell'Unione europea n. 91/271/CEE e n. 91/676/CEE.

Il predetto decreto legislativo nel definire la disciplina generale per la tutela delle acque, prevede che le regioni a statuto ordinario regolino la materia prevista dal decreto stesso nel rispetto di quelle disposizioni che, per la loro natura riformatrice, costituiscono principi fondamentali della legislazione statale, ex art. 117 della Costituzione, mentre dispone che le regioni a statuto speciale e le province autonome adeguino la propria legislazione al decreto medesimo, secondo quanto previsto dai rispettivi Statuti e dalle relative norme di attuazione (art. 1).

Il decreto legislativo citato, inoltre, abroga, tra l'altro, la legge 10 maggio 1976, n. 319 (art. 63).

Fermo restando, pertanto, l'obbligo della Regione di adeguare la propria legislazione ai principi del decreto legislativo 152/1999, pertanto, oggi, nelle more del predetto adeguamento, si pone il problema dell'individuazione della normativa applicabile a fronte della sussistenza di una normativa regionale, pressoch� organica, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, a fronte di una diversa normativa posta dal decreto legislativo n. 152/1999, le cui norme in parte attuano nello Stato direttive comunitarie, in parte sono correlate ad aspetti sanzionati penalmente ed in parte ancora sostituiscono il previgente sistema recato dalla l. 319/1976 e successive modifiche.

In via generale si osserva che la materia della tutela ambientale non appare esplicitamente ricompresa nelle attribuzioni statutarie (artt. 14 e 17 Statuto), dal momento che, storicamente, si � andata definendo via via come materia autonoma soltanto negli ultimi tempi. E, tuttavia, nello Statuto sono enucleate materie che in quella refluiscono (igiene e sanit� pubblica: art. 17; urbanistica, tutela del paesaggio: art. 14).
Inoltre, l'assetto delle competenze istituzionali a presidio della tutela in parola rientra nella competenza esclusiva della Regione (art. 14 e 15).

In via generale, inoltre, si concorda con l'assetto di fondo dato alla problematica da codesto Assessorato, nel senso che, in via di principio, vanno ritenute operanti le disposizioni regionali, tranne che le stesse non siano in linea con le direttive comunitarie attuate con il decreto legislativo 152/1999 ovvero che possano determinare una diversa refluenza in campo penale; nel qual caso dovrebbero trovar diretta applicazione le disposizioni di cui al decreto legislativo 152/1999.

3. Con riferimento alle problematiche specificamente evidenziate, si osserva quanto segue.

In ordine al primo dei problemi, relativo alla competenza in materia di autorizzazione allo scarico si concorda con l'orientamento espresso da codesto Assessorato che ritiene che debba permanere l'assetto delle competenze delineato dalla legge regionale 15 maggio 1986, n. 27, dal momento che la problematica attiene soltanto all'assetto delle competenze autorizzatorie.

Lo stesso � da dirsi, con riferimento alla seconda delle problematiche sottoposte, relativa al sistema sanzionatorio per illeciti amministrativi, in ordine al soggetto competente all'irrogazione delle sanzioni.
La legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, all'art. 28, 8� comma, infatti, per le violazioni in campo ambientale individua nella provincia regionale territorialmente competente il soggetto destinatario del rapporto e a cui spetta la conduzione del procedimento consequenziale.

Per quanto attiene alla destinazione dei proventi ed alla misura delle sanzioni, va ricordato che la Corte costituzionale ha pi� volte (Sent. 25 marzo 1992, n. 123 e 30 giugno 1988, n. 729) ritenuto che nelle materie attribuite alla competenza delle regioni spetta alle stesse prevedere sanzioni per illeciti amministrativi, attribuendo efficacia solo suppletiva alle eventuali disposizioni statali.

Dal momento che nell'ordinamento regionale il sistema sanzionatorio amministrativo -per quel che qui ci riguarda- appare compiutamente disciplinato, da ultimo anche con l'art. 28 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, non sembra che le innovazioni determinate dal d. l.vo 152/1999 possano trovare diretta applicazione, atteggiandosi, piuttosto, come indicazioni per l'adeguamento della legislazione regionale prevista dall'art. 1 del medesimo d. l.vo 152/1999.

In proposito, va osservato che il pagamento in misura ridotta, espressamente richiamato dal citato art. 28 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10 (comma undicesimo), costituisce un principio generale in materia di sanzioni amministrative pecuniarie e, peraltro, � stato ritenuto un diritto del trasgressore producendo""ipso iure" l'effetto estintivo dell'infrazione",(Cassaz.: Sez. I, sent. n. 8136 del 10-08-1990,. V. anche: Sez. I, sent. n. 11139 del 24-12-1994; Sez. I, sent. n. 117 del 09-01-1997; Sez. I, sent. n. 7955 del 25-08-1997).
Pertanto non sembra applicabile all'attuale ordinamento sanzionatorio regionale l'esclusione dell'applicabilit� del pagamento in misura ridotta disposto dall'art. 56, comma 4, del d. l.vo 152/1999, peraltro disposto per le "sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto".

In ordine, poi, alla misura delle sanzioni pecuniarie, per quanto sopra evidenziato, non sembra che le previsioni della normativa regionale possano considerarsi superate dal d. l.vo 152/1999, dal momento che la normativa regionale stessa prevede sanzioni pecuniarie per una serie di trasgressioni espressamente previste. Ovviamente, per quelle fattispecie non previste, per le quali l'ordinamento regionale rinviava alle sanzioni statuite dalla legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modifiche ed integrazioni, stante l'avvenuta abrogazione della legge stessa dovr� farsi riferimento al vigente decreto legislativo 152/1999.

3. Per quanto attiene ad un'altra delle problematiche evidenziate, relativa al sistema autorizzatorio per il trasporto di reflui non tossici, come anche ricordato da codesto Assessorato, i reflui costituiscono un particolare tipo di rifiuto con una distinta disciplina per quello che attiene gli scarichi.

In altri termini la normativa in materia di tutela delle acque contiene una disciplina speciale rispetto alla disciplina generale sui rifiuti, concernente gli scarichi, ove la nozione giuridica di scarico ha come requisito costitutivo l'immissione diretta o indiretta del refluo in uno dei corpi ricettori (acque, fognature, suolo, etc.), con impatto diretto sull'ambiente.
La linea di demarcazione tra le due discipline (generale e speciale), � stata individuata nell'esistenza di una fase di immissione diretta e finale delle acque di rifiuto nei corpi ricettori (il momento dell'immissione finale nel corpo ricettore), ritenendo, invece, soggette alla normativa sui rifiuti le fasi di smaltimento dei rifiuti liquidi diverse da tale immissione finale, nonch� le operazioni di raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento degli effluenti (Cervetti Spriano, La nuova normativa sui rifiuti, Giuffr� 1998; Giancola, "Il d. l.vo 152/1999: la definizione di scarico ed il confine con il decreto Ronchi", in Dottrina - Laggi D'Italia - De Agostini giuridica; Cassazione, SS.UU., sent. n. 12310/1995; Corte Costituz., sent. n. 173/1998).

In particolare, il del d.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. "Decreto Ronchi"), nel disciplinare la gestione dei rifiuti, all'art. 8, comma 1, lett. e), pone una deroga parziale nel campo dei rifiuti liquidi stabilendo che le

acque di scarico, esclusi i rifiuti liquidi, non rientrano nel campo di applicazione del decreto. Le acque di scarico, pertanto, nel momento in cui non sono definibili come rifiuti liquidi sono sottoposte ad altra normativa: oggi al D.l.vo 11 maggio 1999, n. 152 . Quindi, il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, si occupa dei rifiuti allo stato liquido e il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, si occupa delle acque di scarico.

L'art. 2 del D. L.vo 152/1999, alla lett. bb) definisce ""scarico": qualsiasi immissione direttatramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione".

"L'esistenza del nesso funzionale e diretto dell'acqua reflua con il corpo ricettore rappresenta l'elemento di confine tra rifiuto liquido e acque reflue. Il rifiuto liquido sar� sottoposto alla disciplina prevista dal decreto Ronchi per ci� che concerne le singole operazioni di gestione, ovvero raccolta, trasporto, recupero e smaltimento; le operazioni di scarico delle acque reflue, se si verifica "l'immissione diretta tramite condotta" sono sottoposte alla disciplina del Decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 che rappresenta norma derogatoria rispetto al decreto Ronchi nel momento in cui i rifiuti liquidi sono considerati come scarichi." (Giancola, op. cit.).

Mentre sotto la vigenza della legge 319/1976 si poneva il problema dello "scarico indiretto", cio� delle operazioni prodromiche all'immissione delle acque reflue in corpi ricettori (in taluni casi assimilato allo scarico diretto nei corpi ricettori, e, quindi, assoggettato alla "legge Merli": v. Cassaz., sez. III, 27 giugno 1996), oggi il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, ricomprende lo scarico "indiretto" come rifiuto liquido in senso stretto per ci� che concerne le fasi di produzione e di trasporto (art. 36, in rapporto all'art. 2, lett. bb). In questo caso si applica il D.Lgs n. 22 del 1997 fino al momento in cui le acque reflue (rifiuti liquidi) arrivano all'impianto di depurazione mediante automezzo. Nel momento in cui entrano nell'impianto tornano ad essere considerate acque di scarico e quindi sottoposte alla disciplina del d. lgs. 152/1999.

Ci� premesso, va osservato che l'art. 4, quarto comma, della l.r. 15 maggio 1986, n. 27, definisce reflui "le acque bianche o nere defluenti nelle fognature".

Di conseguenza, i reflui cui ha riferimento, per il trasporto, conferimento e scarico mediante autoespurgo, il Titolo IV della stessa legge (artt. 35 e seguenti) sono quelli destinati allo scarico in fognature, ovviamente previa la loro depurazione.

In altri termini, il predetto Titolo IV ha riferimento allo "scarico indiretto" oggettivamente inteso, che, nell'ordinamento regionale, sembra doversi ancora considerare in quanto espressamente previsto dalla normativa.

Restano, pertanto, escluse, dall'operativit� delle disposizioni regionali quelle consimili operazioni relative a reflui non destinati allo smaltimento in pubbliche fognature.

Ci� posto, va tuttavia considerato che l'art. 2 della legge regionale 10 agosto 1995, n. 58, sottopone alla stessa disciplina autorizzatoria del trasporto di reflui non depurati

di insediamenti civili il trasporto di "reflui non classificabili tossici e nocivi ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, e successive modifiche ed integrazioni, provenienti da insediamenti produttivi".

L'individuazione dei reflui in parola, pertanto, � stato operato con riferimento sia alla relativa provenienza, sia rispetto ad una classificazione non pi� esistente, in quanto il D.P.R. 915/1982 � stato abrogato dal d. l.vo 22/1997 che ha sostituito le precedenti classificazioni distinguendo i rifiuti, secondo l'origine, in urbani e speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosit�, in pericolosi e non pericolosi.

Tuttavia, la previsione dell'art. 2 della legge regionale 10 agosto 1995, n. 58, avendo riguardo a reflui n� tossici n� nocivi ex D.P.R. 915/1982, per quel che qui interessa, pu� ancora leggersi in relazione alla nuova classificazione con riferimento alla "non pericolosit�" del rifiuto, dal momento che il legislatore regionale ha voluto aver riguardo a reflui non tossici n� nocivi e con valori ricompresi nei parametri di natura tossica persistente e bio-accumulabile di cui alla tabella 2 della l.r. 27/1986.

Di conseguenza, l'art. 2 della l.r. 58/1995, sembra poter trovare applicazione soltanto per quei reflui speciali, ma provenienti soltanto da insediamenti produttivi, non pericolosi secondo la classificazione e le specifiche del d. l.vo 22/1997, destinati allo sversamento nelle fognature, ancorch� previa depurazione, e nel rispetto dei ricordati parametri di cui alla l.r. 27/1986.

4. In ordine all'ultimo dei quesiti sottoposti, relativo alle percentuali di abbattimento ed ai valori limite, se, come codesto Assessorato afferma, i valori previsti dalle disposizioni regionali sono in linea con le disposizioni comunitarie e, anzi, in taluni aspetti appaiono ancor pi� restrittivi di quelli posti dalla normativa nazionale (ci si esime da una tale indagine comparativa, dal momento che la stessa va effettuata su normativa tecnica la cui lettura e comprensione coinvolgono essenzialmente conoscenze chimico - biologiche), assicurando un livello di protezione pi� elevato dell'ambiente, non pu� che concordarsi con codesto Assessorato, nel senso che dovr� tenersi conto dei valori pi� restrittivi gi� previsti dalla normativa regionale.

5. In ordine, infine, all'impostazione generale dell'applicazione in Sicilia del d. l.vo 152/1999, senza scendere nel dettaglio degli schemi proposti da codesto Assessorato -dal momento che l'esatta individuazione della normativa applicabile nelle varie ipotesi � determinata essenzialmente dalla normativa a contenuto tecnico chimico-biologico-, in via generale si ribadisce quanto sopra rilevato.

Se, in via di principio, infatti (anche nella considerazione che l'art. 1 del d. l.vo 152/99 rinvia alla Regione l'adeguamento della propria normativa) la normativa regionale esistente dovrebbe trovare applicazione, subentrando l'applicabilit� della normativa statale in via suppletiva -per colmare le lacune dell'ordinamento regionale-, tuttavia, nella fattispecie, occorre tener conto delle circostanze che il decreto legislativo 152/1999 determina sia l'adeguamento dell'ordinamento interno all'ordinamento comunitario, sia una disciplina della materia diversa dalla precedente, con disposizioni che, direttamente o indirettamente, ineriscono fattispecie penalmente rilevanti.

Sotto un primo profilo, pertanto, l'attuazione della normativa comunitaria determina la diretta applicabilit� della norma statale attuativa che pu� travolgere l'esistente normativa regionale, ovviamente salvo che la Regione non abbia gi� provveduto ad attuare le direttive ex art. 9, legge 9 marzo 1989, n. 86.

Sotto il secondo profilo, la necessit� dell'uniforme applicazione della legge penale nel territorio nazionale, e l'assoluta carenza di competenza della Regione in materia penale, parimenti determinano la diretta applicabilit� di quelle norme del d. l.vo 152/1999 che abbiano refluenza sul sistema sanzionatorio penale.

Nelle superiori considerazioni � il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorr� comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilit� che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentir� la diffusione sulla banca dati "FoNS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.