Rilascio di una nuova autorizzazione allo scarico domestico o assimilabile/assimilato a domestico Alla pagina della
modulistica è possibile scaricare gli stampati necessari al fine di richiedere l'autorizzazione allo scarico di reflui domestici o assimilabili/assimilati a domestici. Gruppo XV 188.00.11 OGGETTO: Scarichi di reflui. Decreto legislativo n. 152/99. Applicabilit� in Sicilia. Quesiti vari. ASSESSORATO REGIONALE TERRITORIO ED AMBIENTE PALERMO 1. Con nota n. 1367/Gab del 10 luglio 2000 codesto Assessorato, rilevando che il d. l.vo 11 maggio 1999, n. 152 sono state dettate nuove norme in materia di tutela delle acque, abrogando la l. 319/1976 (attuata in Sicilia con l.r. n. 27/1986), ha
posto allo Scrivente i seguenti quesiti, che tendono ad individuare la normativa applicabile nelle seguenti problematiche: b) sistema sanzionatorio per illeciti amministrativi. In relazione alle norme recate dal d. l.vo 152/1999, codesta Amministrazione evidenzia le seguenti
differenze tra le disposizioni contenute in tali norme ed il sistema delineato nell'ordinamento regionale: c) trasporto di reflui non tossici. In ordine al trasporto di tali reflui il D. l.vo 152/1999 prevede che il trasportatore di rifiuti costituiti da acque reflue � tenuto al rispetto della normativa in materia di rifiuti di cui al d. l.vo 22/1997, mentre, per i reflui non classificabili tossici e nocivi � previsto dalla normativa regionale un particolare sistema autorizzatorio (art. 35 ss. L.r. 27/1986 e art. 2 l.r. 58/1995). Ritiene, in proposito, codesta Amministrazione che dovrebbe continuare ad applicarsi la normativa regionale in quanto aderisce ai principi delle direttive comunitarie. d) percentuali di abbattimento e valori limite. Rileva codesto Assessorato che le previsioni della normativa regionale sono in linea con le disposizioni di cui al d. l.vo 152/1999, anzi, in taluni casi prevedono dei limiti pi� restrittivi di quelli fissati in campo nazionale. Per cui dovrebbe provvedersi ad una coniugazione delle normative prevedendo il rispetto dei limiti pi� restrittivi. Codesta Amministrazione correda la richiesta di uno schema esemplificativo che riassume la normativa che ritiene debba in concreto applicarsi, distinguendo la normativa del d.l.vo 152/1999 che dovrebbe applicarsi in quanto di derivazione comunitaria, o con refluenza sul campo sanzionatorio penale o non in contrasto con la normativa regionale e quell'altra che risulterebbe in contrasto con la normativa regionale vigente e relativa ad aspetti sui quali la Regione siciliana ha competenza esclusiva, e, quindi, non applicabile in Sicilia. 2. Con la legge regionale 15 maggio 1986, n. 27, anche in attuazione della legge 10 maggio 1976, n. 319 (c.d. "legge Merli") sono state poste norme in materia di disciplina degli scarichi di reflui. La predetta legge regionale in parte contiene normativa autonoma, ancorch� collegata all'attuazione della l. 319/1976, e in parte rinvia a norme della legge 319/76 medesima. Con il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, sono state poste nuove disposizioni in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, anche in attuazione delle direttive dell'Unione europea n. 91/271/CEE e n. 91/676/CEE. Il predetto decreto legislativo nel definire la disciplina generale per la tutela delle acque, prevede che le regioni a statuto ordinario regolino la materia prevista dal decreto stesso nel rispetto di quelle disposizioni che, per la loro natura riformatrice, costituiscono principi fondamentali della legislazione statale, ex art. 117 della Costituzione, mentre dispone che le regioni a statuto speciale e le province autonome adeguino la propria legislazione al decreto medesimo, secondo quanto previsto dai rispettivi Statuti e dalle relative norme di attuazione (art. 1). Il decreto legislativo citato, inoltre, abroga, tra l'altro, la legge 10 maggio 1976, n. 319 (art. 63). Fermo restando, pertanto, l'obbligo della Regione di adeguare la propria legislazione ai principi del decreto legislativo 152/1999, pertanto, oggi, nelle more del predetto adeguamento, si pone il problema dell'individuazione della normativa applicabile a fronte della sussistenza di una normativa regionale, pressoch� organica, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, a fronte di una diversa normativa posta dal decreto legislativo n. 152/1999, le cui norme in parte attuano nello Stato direttive comunitarie, in parte sono correlate ad aspetti sanzionati penalmente ed in parte ancora sostituiscono il previgente sistema recato dalla l. 319/1976 e successive modifiche. In via generale si osserva che la materia della tutela ambientale non appare esplicitamente ricompresa
nelle attribuzioni statutarie (artt. 14 e 17 Statuto), dal momento che, storicamente, si � andata definendo via via come materia autonoma soltanto negli ultimi tempi. E, tuttavia, nello Statuto sono enucleate materie che in quella refluiscono (igiene e sanit� pubblica: art. 17; urbanistica, tutela del paesaggio: art. 14). In via generale, inoltre, si concorda con l'assetto di fondo dato alla problematica da codesto Assessorato, nel senso che, in via di principio, vanno ritenute operanti le disposizioni regionali, tranne che le stesse non siano in linea con le direttive comunitarie attuate con il decreto legislativo 152/1999 ovvero che possano determinare una diversa refluenza in campo penale; nel qual caso dovrebbero trovar diretta applicazione le disposizioni di cui al decreto legislativo 152/1999. 3. Con riferimento alle problematiche specificamente evidenziate, si osserva quanto segue. In ordine al primo dei problemi, relativo alla competenza in materia di autorizzazione allo scarico si concorda con l'orientamento espresso da codesto Assessorato che ritiene che debba permanere l'assetto delle competenze delineato dalla legge regionale 15 maggio 1986, n. 27, dal momento che la problematica attiene soltanto all'assetto delle competenze autorizzatorie. Lo stesso � da dirsi, con riferimento
alla seconda delle problematiche sottoposte, relativa al sistema sanzionatorio per illeciti amministrativi, in ordine al soggetto competente all'irrogazione delle sanzioni. Per quanto attiene alla destinazione dei proventi ed alla misura delle sanzioni, va ricordato che la Corte costituzionale ha pi� volte (Sent. 25 marzo 1992, n. 123 e 30 giugno 1988, n. 729) ritenuto che nelle materie attribuite alla competenza delle regioni spetta alle stesse prevedere sanzioni per illeciti amministrativi, attribuendo efficacia solo suppletiva alle eventuali disposizioni statali. Dal momento che nell'ordinamento regionale il sistema sanzionatorio amministrativo -per quel che qui ci riguarda- appare compiutamente disciplinato, da ultimo anche con l'art. 28 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, non sembra che le innovazioni determinate dal d. l.vo 152/1999 possano trovare diretta applicazione, atteggiandosi, piuttosto, come indicazioni per l'adeguamento della legislazione regionale prevista dall'art. 1 del medesimo d. l.vo 152/1999. In proposito, va osservato che il pagamento in misura ridotta, espressamente richiamato dal citato art. 28 della legge regionale 27 aprile
1999, n. 10 (comma undicesimo), costituisce un principio generale in materia di sanzioni amministrative pecuniarie e, peraltro, � stato ritenuto un diritto del trasgressore producendo""ipso iure" l'effetto estintivo dell'infrazione",(Cassaz.: Sez. I, sent. n. 8136 del 10-08-1990,. V. anche: Sez. I, sent. n. 11139 del 24-12-1994; Sez. I, sent. n. 117 del 09-01-1997; Sez. I, sent. n. 7955 del 25-08-1997). In ordine, poi, alla misura delle sanzioni pecuniarie, per quanto sopra evidenziato, non sembra che le previsioni della normativa regionale possano considerarsi superate dal d. l.vo 152/1999, dal momento che la normativa regionale stessa prevede sanzioni pecuniarie per una serie di trasgressioni espressamente previste. Ovviamente, per quelle fattispecie non previste, per le quali l'ordinamento regionale rinviava alle sanzioni statuite dalla legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modifiche ed integrazioni, stante l'avvenuta abrogazione della legge stessa dovr� farsi riferimento al vigente decreto legislativo 152/1999. 3. Per quanto attiene ad un'altra delle problematiche evidenziate, relativa al sistema autorizzatorio per il trasporto di reflui non tossici, come anche ricordato da codesto Assessorato, i reflui costituiscono un particolare tipo di rifiuto con una distinta disciplina per quello che attiene gli scarichi. In altri termini la normativa in materia di tutela delle acque contiene una disciplina speciale rispetto alla disciplina generale sui rifiuti, concernente gli scarichi, ove la nozione giuridica di scarico ha come requisito costitutivo l'immissione diretta o indiretta del refluo in uno dei
corpi ricettori (acque, fognature, suolo, etc.), con impatto diretto sull'ambiente. In particolare, il del d.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. "Decreto Ronchi"), nel disciplinare la gestione dei rifiuti, all'art. 8, comma 1, lett. e), pone una deroga parziale nel campo dei rifiuti liquidi stabilendo che le L'art. 2 del D. L.vo 152/1999, alla lett. bb) definisce ""scarico": qualsiasi immissione direttatramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione". "L'esistenza del nesso funzionale e diretto dell'acqua reflua con il corpo ricettore rappresenta l'elemento di confine tra rifiuto liquido e acque reflue. Il rifiuto liquido sar� sottoposto alla disciplina prevista dal decreto Ronchi per ci� che concerne le singole operazioni di gestione, ovvero raccolta, trasporto, recupero e smaltimento; le operazioni di scarico delle acque reflue, se si verifica "l'immissione diretta tramite condotta" sono sottoposte alla disciplina del Decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 che rappresenta norma derogatoria rispetto al decreto Ronchi nel momento in cui i rifiuti liquidi sono considerati come scarichi." (Giancola, op. cit.). Mentre sotto la vigenza della legge 319/1976 si poneva il problema dello "scarico indiretto", cio� delle operazioni prodromiche all'immissione delle acque reflue in corpi ricettori (in taluni casi assimilato allo scarico diretto nei corpi ricettori, e, quindi, assoggettato alla "legge Merli": v. Cassaz., sez. III, 27 giugno 1996), oggi il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, ricomprende lo scarico "indiretto" come rifiuto liquido in senso stretto per ci� che concerne le fasi di produzione e di trasporto (art. 36, in rapporto all'art. 2, lett. bb). In questo caso si applica il D.Lgs n. 22 del 1997 fino al momento in cui le acque reflue (rifiuti liquidi) arrivano all'impianto di depurazione mediante automezzo. Nel momento in cui entrano nell'impianto tornano ad essere considerate acque di scarico e quindi sottoposte alla disciplina del d. lgs. 152/1999. Ci� premesso, va osservato che l'art. 4, quarto comma, della l.r. 15 maggio 1986, n. 27, definisce reflui "le acque bianche o nere defluenti nelle fognature". Di conseguenza, i reflui cui ha riferimento, per il trasporto, conferimento e scarico mediante autoespurgo, il Titolo IV della stessa legge (artt. 35 e seguenti) sono quelli destinati allo scarico in fognature, ovviamente previa la loro depurazione. In altri termini, il predetto Titolo IV ha riferimento allo "scarico indiretto" oggettivamente inteso, che, nell'ordinamento regionale, sembra doversi ancora considerare in quanto espressamente previsto dalla normativa. Restano, pertanto, escluse, dall'operativit� delle disposizioni regionali quelle consimili operazioni relative a reflui non destinati allo smaltimento in pubbliche fognature. Ci� posto, va tuttavia considerato che l'art. 2 della legge regionale 10 agosto 1995, n. 58, sottopone alla stessa disciplina autorizzatoria del trasporto di reflui non depurati di insediamenti civili il trasporto di "reflui non classificabili tossici e nocivi ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, e successive modifiche ed integrazioni, provenienti da insediamenti produttivi".L'individuazione dei reflui in parola, pertanto, � stato operato con riferimento sia alla relativa provenienza, sia rispetto ad una classificazione non pi� esistente, in quanto il D.P.R. 915/1982 � stato abrogato dal d. l.vo 22/1997 che ha sostituito le precedenti classificazioni distinguendo i rifiuti, secondo l'origine, in urbani e speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosit�, in pericolosi e non pericolosi. Tuttavia, la previsione dell'art. 2 della legge regionale 10 agosto 1995, n. 58, avendo riguardo a reflui n� tossici n� nocivi ex D.P.R. 915/1982, per quel che qui interessa, pu� ancora leggersi in relazione alla nuova classificazione con riferimento alla "non pericolosit�" del rifiuto, dal momento che il legislatore regionale ha voluto aver riguardo a reflui non tossici n� nocivi e con valori ricompresi nei parametri di natura tossica persistente e bio-accumulabile di cui alla tabella 2 della l.r. 27/1986. Di conseguenza, l'art. 2 della l.r. 58/1995, sembra poter trovare applicazione soltanto per quei reflui speciali, ma provenienti soltanto da insediamenti produttivi, non pericolosi secondo la classificazione e le specifiche del d. l.vo 22/1997, destinati allo sversamento nelle fognature, ancorch� previa depurazione, e nel rispetto dei ricordati parametri di cui alla l.r. 27/1986. 4. In ordine all'ultimo dei quesiti sottoposti, relativo alle percentuali di abbattimento ed ai valori limite, se, come codesto Assessorato afferma, i valori previsti dalle disposizioni regionali sono in linea con le disposizioni comunitarie e, anzi, in taluni aspetti appaiono ancor pi� restrittivi di quelli posti dalla normativa nazionale (ci si esime da una tale indagine comparativa, dal momento che la stessa va effettuata su normativa tecnica la cui lettura e comprensione coinvolgono essenzialmente conoscenze chimico - biologiche), assicurando un livello di protezione pi� elevato dell'ambiente, non pu� che concordarsi con codesto Assessorato, nel senso che dovr� tenersi conto dei valori pi� restrittivi gi� previsti dalla normativa regionale. 5. In ordine, infine, all'impostazione generale dell'applicazione in Sicilia del d. l.vo 152/1999, senza scendere nel dettaglio degli schemi proposti da codesto Assessorato -dal momento che l'esatta individuazione della normativa applicabile nelle varie ipotesi � determinata essenzialmente dalla normativa a contenuto tecnico chimico-biologico-, in via generale si ribadisce quanto sopra rilevato. Se, in via di principio, infatti (anche nella considerazione che l'art. 1 del d. l.vo 152/99 rinvia alla Regione l'adeguamento della propria normativa) la normativa regionale esistente dovrebbe trovare applicazione, subentrando l'applicabilit� della normativa statale in via suppletiva -per colmare le lacune dell'ordinamento regionale-, tuttavia, nella fattispecie, occorre tener conto delle circostanze che il decreto legislativo 152/1999 determina sia l'adeguamento dell'ordinamento interno all'ordinamento comunitario, sia una disciplina della materia diversa dalla precedente, con disposizioni che, direttamente o indirettamente, ineriscono fattispecie penalmente rilevanti. Sotto un primo profilo, pertanto, l'attuazione della normativa comunitaria determina la diretta applicabilit� della norma statale attuativa che pu� travolgere l'esistente normativa regionale, ovviamente salvo che la Regione non abbia gi� provveduto ad attuare le direttive ex art. 9, legge 9 marzo 1989, n. 86. Sotto il secondo profilo, la necessit� dell'uniforme applicazione della legge penale nel territorio nazionale, e l'assoluta carenza di competenza della Regione in materia penale, parimenti determinano la diretta applicabilit� di quelle norme del d. l.vo 152/1999 che abbiano refluenza sul sistema sanzionatorio penale. Nelle superiori considerazioni � il parere dello Scrivente. A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo. |